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Alcune parti del mio prossimo saggio “Indagine alle Storie di Fantasmi”

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DALLA CREDENZA CHE L’UNIVERSO SIA FORMATO DA TRE ZONE COSMICHE. ALL’ASSE CENTRALE DELLE PIRAMIDI MAYA ED EGIZIE, FINO AL VIAGGIO DEL SOLE NEGLI INFERI. SONO ALCUNI ASPETTI COMUNI DELLE ANTICHE RELIGIONI. Nelle antiche religioni molti sono gli aspetti in comune per la visione che si aveva di Aldilà. Infatti per l’antropologo M. Centini il mondo oltretombale ha avuto origine dalla credenza secondo cui l’universo, fosse suddiviso in tre zone cosmiche: il Cielo, la Terra e gli Inferi. Queste dimensioni erano concepite come collegate da un asse centrale che, dotato di una “apertura”, permetteva agli Dei di scendere sulla terra e ai morti di andare nell’oltretomba. Esso poteva essere rappresentato da: alberi, scale, piramidi, montagne, ecc. Ad esempio nella cosmologia buddista, l’universo è infinito ed è costituito da innumerevoli sistemi planetari dove ciascun di esso è disposto intorno ad una montagna assiale. A sua volta essa è suddivisa in diversi livelli: dalle viscere della terra dove ci sono gli inferi (otto inferni freddi e otto caldi) alla vetta dove vi sono le sei dimore degli Dei. Per gli antichi Egizi, invece, era la piramide che collegava l’abisso delle acque primordiali con il cielo, nonché concepita come una sorta di scala per aiutare i re defunti a raggiungere le stelle. Mentre per il popolo Maya la piramide, oltre che luogo sacro, era vista come una montagna artificiale dove, grazie a specifici riti, le divinità scendevano dal cielo per comunicare con i sacerdoti nel nostro mondo. Un altro aspetto in comune presente nelle antiche religioni era il rapporto tra il sole e il mondo sotterraneo. Nello specifico nella cultura egizia, nel libro dell’Amduat vi sono dei racconti incentrati sul viaggio notturno sottoterra del Dio sole Ra e della sua lotta contro le forze dell’oscurità che tentano di impedirgli di risorgere all’alba. Così il defunto, identificato con Ra, è costretto ad affrontare dei pericoli nelle 12 divisioni dell'Aldilà, corrispondenti alle 12 ore della notte. Mentre nelle civiltà mesoamericane il Dio Sole era considerato come astro della luce, della vita, del calore che vinceva la sua battaglia quotidiana contro le tenebre, attraversava la volta celeste e proseguiva il suo cammino notturno nelle profondità della terra.

SODDISFANO I TUOI BISOGNI…ANCHE QUELLI più INTRIGANTI, TI AIUTANO A VIVERE nell’aldilà E INTANTO CONSERVANO PARTI DEL TUO CORPO. SONO ALCUNE STRATEGIE DEGLI EGIZI PER AFFRONTARE LA MORTE. Per far fronte all’imprevedibilità del trapasso, gli antichi Egizi prendevano molti provvedimenti nella vita terrena e, per coloro che se lo potevano permettere come faraoni e funzionari, commissionavano i loro rituali funerari e la costruzione delle camere sepolcrali. Ad esempio durante la mummificazione, i sacerdoti prelevavano alcune parti dal cadavere e li conservavano in quattro vasi detti canopi i cui coperchi raffiguravano le teste dei quattro figli di Horus. Nello specifico: Amset, dalla testa umana, proteggeva il fegato; Hapi, dalla testa di babuino, proteggeva i polmoni; Duamutef, somigliante a uno sciacallo, era responsabile dello stomaco e Qebehsenuf, dalla testa di falco, si occupava degli intestini. Mentre i sacerdoti svolgevano lo svuotamento delle viscere, eseguivano dei riti religiosi per tutelare il morto, come recitare formule magiche e infilare tra le bende svariati amuleti. Questi ultimi furono usati prima per “trasmettere” alle persone vive, una buona salute e sicurezza e poi più tardi divennero come dei veri passe-partout che davano al morto la forza di superare le insidie dell’Oltretomba. Ad esempio l’amuleto dello scarabeo stercorario, chiamato Kheper durante l'imbalsamazione, lo mettevano nella zona del cuore della mummia, incidendo sull’oggetto alcune preghiere per affrontare il Tribunale Divino. A partire dall’epoca del Medio Regno, furono introdotti nelle tombe degli oggetti funebri chiamati: Ushabti, che tradotto significa: “coloro che rispondono”. Essi sono delle statuette realizzate in legno o in terracotta e modellati a forma di sarcofago mammiforme, in base alla ricchezza del defunto. Nello specifico, quando venivano chiamate dal morto a svolgere degli incarichi nell’Aldilà, esse rispondevano: “eccomi” oppure “sono qui” e dovevano dimostrare di essere pronte e dedicarsi ai compiti loro assegnati. Ad esempio alcuni Ushabti, erano scolpiti in forma di concubine seminude poiché la loro funzione era di svolgere un ruolo intrigante.

 

DALLA DISCESA NEGLI INFERI DELLA DEA Ištar E DI ENEA AL VIAGGIO DI DANTE ALL’INFERNO, FINO ALLE TRAUMATICHE ESPERIENZE PRE-MORTE. COME L’UOMO VIVO “PUO’ ENTRARE” NEL MONDO DEI MORTI. In alcune antiche culture sono spesso presenti i racconti dei viaggi mitici, ossia imprese leggendarie nell’Aldilà, compiute da persone vive come eroi, santi o mistici. In alcune occasioni è un percorso dove i protagonisti hanno delle visioni o incontrano parenti, amici defunti e varie entità, che possono cambiare le loro vite e/o le loro conoscenze. Ad esempio nel poema accadico la “Discesa di Ištar negli Inferi” (II millennio a.C.), la Dea si addentra in questo mondo oscuro per riavere il suo amante Tammuz. In particolare, una volta arrivata all’inferno, deve affrontare ogni genere di ostacolo che però riesce a superarli, essendo anche Dea della guerra. Per questo motivo la maggior parte delle divinità non vuole che lei sia prigioniera nel mondo infernale e così Ištar riesce a ritornare sulla terra e a riportare con sé il suo amato. Oppure nell’opera Eneide del poeta romano Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.), all’eroe troiano Enea gli appare lo spettro del padre, Anchise, che gli dice di venire a fargli visita nell’Ade. Il protagonista, grazie ad un ramo d’oro procurato su consiglio della profetessa Sibilla Cumana, riesce ad entrare nel mondo dei defunti, dove incontra il padre dal quale riceve consigli ed avvertimenti sul suo futuro. Infine altro esempio di viaggio mitico è l’opera “Divina Commedia” di Dante Alighieri (1308-1320), nel quale convinto di essere caduto nell’errore e nel peccato, egli racconta di aver compiuto un viaggio all’inferno per conoscere la causa del male ma anche per indicare all’umanità i tremendi castighi che, a suo parere, le anime dei peccatori sono costretti a subire dopo la morte. Oggi giorno invece dei viaggi mitici, vengono raccontate le esperienze chiamate NDE, ossia esperienze pre-morte, che alcune persone subiscono quando si trovano, ad esempio, in coma o in arresto cardiaco. Di solito dopo che si sono ripresi da questi traumi, affermano di aver vissuto esperienze NDE con visione di luoghi indicati come l’Aldilà o simile al paradiso.

VIVE UNA FASE PRECARIA CHE LA RENDE PERICOLOSA, DIVENTA EVANESCENTE ED AEREA O SI LIBERA DAL CORPO PER RAGGIUNGERE UNA SAPIENZA SUPERIORE. ECCO COSA SUCCEDE ALL’ANIMA DOPO LA MORTE. Nella nostra condizione umana non sappiamo nulla della vita oltre la morte: possiamo credere che esista o meno un’anima dentro di noi e un altro mondo dove andare a seguito del trapasso. Questi punti di vista dipendono dalle nostre esperienze, dalla nostra cultura e dall’epoca in cui siamo nati, anche se rimane comunque un mistero presente fin dall’antichità. Ad esempio secondo lo shintoismo, una religione dell’antico Giappone, il defunto che aveva da poco lasciato il corpo entrava in una fase delicata ed esistenziale, in cui subiva un processo di metamorfosi. In particolare, era in preda all’angoscia perché lo spirito era lacerato dal dolore di aver lasciato i suoi affetti e dalla paura di dover forzatamente entrare nel mondo dei morti. Una volta superata questa condizione che lo rendeva pericoloso, egli poteva raggiungere i suoi antenati acquisendo maggiore stabilità e sicurezza e diventando uno spirito antenato benevolo. Oppure nella religione mesopotamica si credeva che, nel momento del trapasso, il corpo cadesse in un sonno eterno, come se dormisse nella tomba. In questo istante avveniva il distacco da una sorta di “doppio”, ossia da uno spirito evanescente ed aereo, fatto come i sogni e le visioni che, a seguito della sepoltura, raggiungeva l’immensa caverna sotterranea dell’inferno. Qui, assieme agli altri trapassati, conduceva un’esistenza cupa, disagiata e priva di ogni consolazione. Infine nell’antica Grecia il filosofo Socrate sosteneva, da un punto di vista razionale, che non sapremo mai se veramente l’anima sopravvive o meno dopo la morte, ma riponeva comunque la speranza che lo potesse essere. Infatti sosteneva che la psyché, dopo la morte, si liberasse dal corpo (considerato come un carcere), si elevasse ad una sapienza superiore e iniziasse un viaggio verso l’Ade. Quindi la paura che si nutre verso la morte, è solo una prova di grande ignoranza, poiché nessuno può sapere se la morte sia un male o un bene per l’uomo.

 

BIZZARRE ENTITA’ SI AGGIRANO TRA IL MONDO DEI VIVI E QUELLO DEI MORTI: SONO GLI PSICOPOMPI LA CUI FUNZIONE NON È QUELLA DI GIUDICARE I DEFUNTI, MA DI ACCOMPAGNARLI VERSO LA VITA ETERNA. Secondo molte culture politeiste del passato, dopo la morte il viaggio nell’Aldilà poteva richiedere l’intervento di una figura con il ruolo di accompagnare il defunto nel mondo ultraterreno. Si trattava di solito di un personaggio che, nella mitologia e nella religione, era detto psicopompo ossia dal greco antico psyché: “anima” e pompós: “colui che conduce”. Esso non è nato nell’antichità ma era già presente fin dalla preistoria ed in particolare nello sciamanesimo. Infatti durante le pratiche funerarie a volte lo sciamano era chiamato ad intervenire per ricoprire questo tipo di ruolo. In particolare gli sciamani, per mezzo della trance, “accompagnavano” le anime dei defunti nell’Aldilà, vegliavano su di loro e fungevano da mediatori tra questi ultimi e gli Dei celesti o infernali. Inoltre erano capaci di entrare in contatto con gli spiriti buoni e anche di accostarsi ai demoni per chiedere la sorte dei morti. Spesso gli psicopompi, non erano solo esseri umani, ma potevano essere anche figure ibride, metà uomo o donna e metà animale, poiché rispecchiavano quel confine tra la realtà umana ed il mondo soprannaturale. Ad esempio, nella cultura egizia, Anubi, Dio della mummificazione e dei cimiteri nonché protettore del mondo dei morti, era rappresentato con la testa di sciacallo e con il corpo da uomo. Una delle sue mansioni principali era quella di accompagnare i defunti davanti al Tribunale Divino per sottoporli alla Pesatura del cuore. Infine gli psicopompi potevano essere delle entità neutrali che non giudicano i defunti ma si limitano a guidarli nel viaggio. Ne abbiamo un esempio nella mitologia greco-romana secondo la quale una figura nota era Caronte (“ferocia illuminata”) il cui compito era di traghettare le anime dei defunti da una riva all'altra del fiume Acheronte, per raggiungere l’Aldilà. Tale trasporto doveva essere pagato con una o due monete (obolo) offerte dai parenti mettendole o sotto la lingua del morto o sugli occhi, prima del funerale.

SCEGLIERE DEGLI INGRESSI NATURALI, COSTRUIRE UNA FOSSA CIRCOLARE O CELEBRARE L’UNIONE TRA L’ALDILÀ E L’ALDIQUÀ, SONO TUTTI “PORTALI” CREATI DAGLI UOMINI PER COMUNICARE CON IL MONDO DEI MORTI. Nelle antiche religioni si credeva che il passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti fosse favorito anche da diversi tipi di “portali”. Infatti un elemento in comune tra i vari popoli era quello di credere che alcuni luoghi naturali, con peculiarità morfologiche, fossero realmente delle entrate per andare nell’aldilà, come: montagne, isole, mare, grotte, vapori sulfurei o voragini ecc. Questo aspetto lo troviamo ad esempio nella cultura maya e in particolare nel manoscritto del Popol Vuh, secondo cui il mondo infero aveva una collocazione più fisica che spirituale. Infatti, i dati topografici forniti dall’opera dimostrano che il regno di Xibalbà era ubicato in burroni e caverne nella zona di Verapaz e di Petèn a cui l’uomo, in vita, poteva accedervi. Altri tipi di portali invece non erano naturali ma sono stati costruiti dall’uomo come nel caso degli antichi Romani. Infatti, a Roma vi è una fossa circolare chiamata Mundus Cereris, una sorta di porta infernale, ubicata dentro al Foro Romano tra il Tempio della Concordia e l'Arco di Settimio Severo, che rappresentava una connessione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Secondo le credenze, per evitare che gli Dei inferi e gli spiriti dell’Aldilà risalissero sulla terra, questa buca veniva tenuta chiusa da una grande lastra di pietra tutto l’anno, tranne che per alcune festività. In particolare la fossa veniva aperta il 24 agosto, il 5 ottobre e il 9 novembre per consentire alle anime dei defunti, di tornare temporaneamente sulla Terra e agli uomini di ottenere la loro benevolenza. Questa usanza era simile a quella celtica la quale celebrava l’unione tra Aldilà e Aldiquà, tra il 31 ottobre e il primo novembre di ogni anno, con una festa chiamata Samhain (conosciuta come Halloween). Essa annunciava la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno, ossia un periodo in cui le leggi normali della vita quotidiana erano sospese e i presunti confini, che dividevano i due mondi, erano così “indeboliti” da permettere ai defunti di vagare sulla terra.

DAL REGNO STELLATO EGIZIO, ALLA DIMENSIONE INVISIBILE DEI GRECI FINO ALL’UNICA REALTA’ GIAPPONESE FATTA DAL MONDO DI VIVI E DEI MORTI. ECCO COME L’ALDILA’ NON È SEMPRE LO STESSO MA CAMBIA NEL TEMPO. In molte culture la visione di Aldilà ha subìto, nel tempo, svariate modifiche che possono dipendere ad esempio: dal tipo di religione, dai cambiamenti sociali, dalle influenze di altri popoli, dal periodo storico o dai bisogni umani. Di conseguenza, si suppone che il mondo dei morti possa assumere determinate caratteristiche, anche geografiche o spazio-temporali, molto simili al mondo dei vivi. Ad esempio in epoca arcaica, gli Egizi collocavano l’Aldilà nel cielo stellato poi, con la nascita del mito di Osiride, la dimensione oltretombale “scese” per essere posizionata per terra, con dettagli appartenenti alla reale geografia ossia ad alcune regioni del Caucaso. Infine si spostò sottoterra, dove il defunto viveva senza cibo e arso dalla sete. Oppure nell’antica Grecia, ai tempi di Omero, l’Aldilà era chiamato Ade che significa “l’invisibile” poiché chi entrava spariva agli occhi delle persone vive. Esso veniva posizionato in luoghi naturali ma dal IV secolo a.C., nacque l’idea che sulla base del comportamento morale tenuto nella vita terrena, ai defunti venissero assegnate specifiche aree. In particolare nella Prateria di Asfodelo si trovavano le anime che avevano compiuto azioni non troppo gravi; nel Tartaro vi erano coloro che si erano macchiati di peccati gravissimi e nei Campi Elisi gli eroi virtuosi e giusti. Infine nell’antico Giappone la religione shintoista non concepiva una netta separazione tra il nostro pianeta e quello soprannaturale ma tutto faceva parte di un’unica realtà, dove entrambi i mondi si potevano scambiare e sovrapporre. Ma con l’arrivo del buddismo nel VI secolo d.C., nell’Aldilà shintoista fu introdotto il concetto di Terra Pura, ossia un luogo immaginato in cielo, collocato “lassù” dove abitavano gli Dei, gli eletti e gli spiriti antenati; e di Terra Impura, collocato “laggiù”, come una prigione sotterranea fatta di inferni caldissimi e gelidissimi dove ogni anima pensava per sé stessa e non condivideva con gli altri il suo dolore.

DALLA FIGURA DEL CREATORE, ALLA GENESI FINO ALLA DISTRUZIONE DELL’UOMO CON IL DILUVIO. SONO ALCUNI PASSI DEL POPOL VUH, L’ANTICO TESTO MAYA, CHE RIVELA ALCUNE ANALOGIE CON LA SACRA BIBBIA. Il Popol Vuh è una raccolta di miti e leggende, nonché il testo basilare della letteratura maya, appartenuto a vari gruppi etnici che abitavano la terra Quiché, in Guatemala. Nella prima parte racconta che all'origine tutto era silenzioso, piatto e immobile, esisteva soltanto il cielo e il mare. In questo abisso primordiale inerte apparve il Creatore, il Modellatore, che assieme ad altre figure mitologiche, hanno creato la vegetazione, gli animali e la specie umana. In particolare, hanno tentato di plasmare l’uomo con l’argilla ma gli Dei si accorsero che il materiale era inadatto, poiché la creatura si scioglieva. In seguito provarono con il legno ma poi videro che non rientrava nelle loro aspettative e decisero di annientarlo scatenando il diluvio. Così, dopo svariati tentativi, gli Dei riuscirono a realizzare l'uomo dal grano creando la donna e la dinastia Quiché. In quest’opera possiamo trovare alcune analogie con la Bibbia, come: la figura del Creatore che ha dato origine al mondo; il tentativo di produrre l’uomo con la terra e la distruzione della specie umana con l’antico diluvio. Per questo motivo il Popol Vuh è stato chiamato anche “La Bibbia dei Maya” che, per lo scrittore Ugo Stornaiolo, è un titolo che rispecchia solo in parte il contenuto dell’opera, poiché fino ad oggi non è stato possibile decifrare tutto il suo significato esoterico. D’altro canto, teniamo conto che l’opera è stata riscritta poco dopo la conquista spagnola, in lingua quiché, con l’aiuto dell’alfabeto latino e l’ortografia spagnola. Infatti, gli studiosi non hanno potuto non notare le somiglianze tra la cosmogonia del Popol Vuh e passi della Bibbia, sostenendo che il testo subì delle influenze cristiane, specialmente durante la trascrizione ad opera dei monac spagnoli, ossia tra il 1554 e il 1558. È importante sottolineare che la versione originale del Popol Vuh, tramandata oralmente, non conteneva né la Genesi, né il prologo del Vangelo di Giovanni e nemmeno il racconto del Diluvio Universale.

COSTRUIRE E DISTRUGGERE GLI STESSI TEMPLI E PIRAMIDI, DANNEGGIARE LE SCULTURE PER POI SIGILLARLE, SONO ALCUNI RITI CHE COMPIVANO I MAYA PER GESTIRE L’ENERGIA SACRA DELLE PERSONE, ENTITA’ E LUOGHI. Spesso piramidi e templi venivano decorati con immagini di “mostri witz” per definirli come montagne sacre, in quanto witz è la parola maya che significa “montagna” o “collina”. Quindi, ad esempio, un gruppo di templi riuniti sulla piattaforma, per i Maya rappresentava una catena di montagne che svettavano su una ipotetica foresta di pietre-alberi nelle piazze sottostanti. In questa metafora le porte dei tempi venivano rappresentate come fauci scheletriche che fungevano sia da ingresso verso un mondo soprannaturale, sia da passaggio di Dei e antenati. Per facilitare il transito di tali entità, le generazioni dei re facevano costruire e ricostruire, per secoli, templi nello stesso luogo e con la stessa iconografia, con l’obiettivo anche di favorire la creazione di uno schema di punti di forza sovrapposti per ogni capitale reale maya. In questo modo il celebrare sacrifici all’interno di questi santuari, la devozione, l’estasi, rendevano ancora più sottile il confine tra il nostro mondo e l’oltretomba. D’altro canto, esistevano anche rituali la cui finalità era di contenere il potere accumulato nelle statue di esseri umani e divinità e, per farlo, i Maya asportavano o sbiancavano i colori, o danneggiavano le sculture per poi sigillarle accuratamente all’interno di vecchi edifici. Così, ad esempio i fori che sfiguravano le teste degli Olmechi sono residui di un rituale ma anche la fine dell’energia sacra in esse contenute. Quindi sia che si trattasse di storie dinastiche o di cittadini, l’azione umana comunque contribuiva a intensificare e spostare i grandi centri magnetici del potere soprannaturale che punteggiavano il paesaggio. Ma la geografia sacra non era solo influenzata dallo svolgimento delle vicende umane ma anche dalla struttura del cosmo. Infatti vi erano degli specialisti, come gli astrologi occidentali, che seguivano le stelle e i pianti che rispecchiavano le interazioni tra spiriti, antenati e Dei con gli uomini ma anche i segreti dell’Aldilà.

UNA “LINEA IMMAGINARIA” ATTRAVERSA VERTICALMENTE LE PIRAMIDI DELLA CIVILTA’ MAYA. È L’ASSE COSMICO CHE, GRAZIE AI SACERDOTI, FAVORISCE LA DISCESA DELLE DIVINITA’ DAL CIELO E IL CONTATTO CON GLI UOMINI. Anche se le informazioni riguardo alla civiltà maya sono ambigue, gli studiosi hanno compreso che tale popolo considerava il mondo fisico non separato da quello spirituale, ma l’uno era strettamente congiunto con l’altro. Quindi anche il rapporto tra il mondo dei vivi e quello dei morti era immaginato su due livelli di esistenza sovrapposti e impossibile da dividere. Questo modo di intendere la realtà era presente anche nella complessa cosmologia dei Maya, secondo cui il cosmo era formato da tre dimensioni correlate tra loro: il cielo con il suo imponente meccanismo di astri divini; il regno degli inferi chiamato Xibalbà, ubicato sottoterra, dove vi risiedevano gli Dei infernali, i morti e gli antenati; infine il mondo terreno degli uomini, degli animali, delle piante, posto tra il mondo degli Dei e quello degli avi. In particolare quest’ultima parte era concepita dal popolo come una piastra quadrata dove ogni angolo era in corrispondenza di un punto cardinale. Al centro di esso vi attraversava, in senso verticale, una “linea immaginaria”, chiamata dagli studiosi asse cosmico (axis mundi) che non aveva un luogo fisico preciso ma, per le credenze maya, si materializzava grazie ai riti svolti dal sovrano quando entrava in stato di trance. Infatti si credeva che esso potesse manifestarsi nelle piramidi, poiché quest’ultime erano considerate delle vere montagne artificiali, nonché rappresentanti delle tre dimensioni sopra citate. In particolare l’asse, passando in queste strutture, permetteva la discesa delle divinità dal cielo, l’entrata in contatto con il re-sacerdote e il soddisfacimento delle richieste di quest’ultimo. Di solito l’axis mundi era rappresentato dall'albero della ceiba, il "wacah chan", che estendeva il suo tronco nel mondo terreno, le radici nel mondo sotterraneo e i rami si innalzavano per raggiungere il cielo. Oppure esso poteva assumere le sembianze di un serpente piumato che simboleggiava il canale di comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

PER I CELTI È NELLA NOSTRA TESTA, PER GLI EGIZI È NEL CUORE MENTRE PER GLI INDUISTI NEL RESPIRO. ECCO DOVE SI POTREBBE NASCONDERE LA NOSTRA ANIMA. MA SE INVECE CE NE FOSSE PIU’ DI UNA? Molti studiosi sostengono che attraverso le sepolture del Paleolitico e del Neolitico l’uomo preistorico avesse già una propria idea sull’anima e sull’aldilà e, quindi, anche una propria credenza sul sovrannaturale. A confermarlo sono stati i ritrovamenti di corredi funebri risalenti a 75000 anni fa ma anche i defunti sistemati all’interno della tomba, in posizione fetale verso est, dove sorge il sole; forse pronti per una potenziale rinascita. Nelle credenze “primitive”, ma anche nelle antiche religioni, l’anima veniva indicata con alcune parti del corpo e la loro funzione vitale corrispondente. In particolare nella cultura celtica si credeva che l’anima fosse nella testa dell’uomo poiché rappresentava l’essenza della vita, il fulcro di conoscenze ed abilità. Infatti, era proprio attraverso di essa che avveniva la metempsicosi ossia la trasmigrazione dell'anima da un corpo all’altro dopo la morte. Oppure per gli antichi Egizi l’anima della persona vivente era strettamente legata al cuore, chiamato "ib", in quanto considerato il centro della vita, della coscienza e delle emozioni. Mentre dopo il decesso essa diventava un uccello blu con la testa del defunto, in modo tale essa potesse muoversi liberamente dal corpo. Infine l’induismo sostiene che l’anima (atman) corrisponde all’espirazione poiché, tale attività è il ritmo vitale dell'anima stessa. E se in ciascuno di noi ci fossero più anime? In alcune culture, infatti, si crede che ogni persona ne possieda più di una. Ad esempio alcuni indiani d’America, i Dakota, credevano che ogni uomo avesse 4 anime: 1° moriva con il corpo; 2° rinasceva nelle vicinanze del cadavere; 3° si dirigeva verso il paese dei morti; 4° rinasceva dal ciuffo di capelli del defunto. Oppure per la popolazione Ainu, in Giappone, ogni uomo ne possiede 2: quella della vita, posta nella colonna vertebrale e quella dell’Io, ramat, destinata a vivere dopo il decesso. A prescindere dalle credenze, conoscere le presunte condizioni dell’anima ci permette di dare un senso alla morte.

 

“NON DOBBIAMO AVER PAURA, TANTO NON LA INCONTREREMO MAI”, “SI MANIFESTA COME UN SONNO…MA È ETERNO”, “MANTIENE LA RELAZIONE VIVA CON I NOSTRI AVI”! È LA MORTE, UN ANTICO MISTERO CHE DA SEMPRE CI INQUIETA. Nella preistoria la morte non esisteva ancora come concetto ma se ne parlava come di un sonno, un viaggio, una nascita, una malattia, un incidente, un sortilegio oppure di un ingresso nella dimora degli antenati. Sono aspetti che possiamo riscontrare anche nelle antiche religioni tra cui, ad esempio, nel popolo maya. Esso, infatti, considerava il trapasso non come una chiusura definitiva della vita, ma come una condizione di cambiamento, che permetteva agli avi di mantenere un legame ancora vivo con i loro discendenti. Oppure nell’antica civiltà mesopotamica si credeva che, nel momento del trapasso, il corpo cadesse in un sonno eterno come se dormisse nella tomba, in procinto di decomporsi. In questo istante avveniva il distacco da una sorta di “doppio” ossia da uno spirito evanescente ed aereo, fatto come i sogni e le visioni. Mentre i Celti pensavano che la morte non fosse un punto di arrivo ma un punto di partenza, per iniziare una vita altrove, verso “l’Altro mondo”, ossia una dimensione felice caratterizzata dall’assenza di tempo e di spazio, dove non vi era la sofferenza o il dolore poiché erano già state superate nella vita terrena. Ma rispetto a queste visioni sulla morte, non tutti gli antichi erano d’accordo. In particolare nell’antica Grecia per il filosofo Aristotele la morte dell’individuo era assoluta poiché l’anima era riconoscibile solo attraverso l’atto di vivere e quindi non poteva esistere senza un corpo. Per Epicuro, fondatore dell’epicureismo, affermava che non dobbiamo avere paura della morte poiché non la incontreremo mai, visto che noi esistiamo solo mentre viviamo. Quindi: quando ci siamo noi la morte non c’è, mentre quando c’è la morte non ci siamo noi. Infatti, lo studioso ha sempre combattuto contro la credenza nell’immortalità dell’anima o la paura della vita dopo la morte. Oppure per gli stoici, tra cui Seneca, ritenevano che i morti si ritrovassero nelle stesse condizioni di quelli che non erano nati, ossia nel nulla.

DAL FARAONE AKHENATON CHE DECISE DI ADORARE UN DIO UNICO, AI DEMONI GRECI CHE DA CUSTODI DEL DESTINO DIVENNERO ENTITA’ MALIGNE. ECCO COME GLI DEI SI “TRASFORMANO” NEL TEMPO. In apparenza le antiche religioni possono sembrare dei “mondi chiusi”, “non comunicanti tra loro”, con le loro credenze “fisse” nel tempo. In realtà erano esposte a continue e reciproche influenze culturali che “portarono” le divinità e semidivinità a subire dei rimaneggiamenti, o modifiche del loro culto in modo parziale ma anche totale. Ad esempio nel 1350 a.C. in Egitto, il faraone Amenofi IV, in qualità di sacerdote, decise di ridurre le molteplici divinità egizie e di focalizzare l’adorazione di un unico Dio. In particolare il sovrano soppresse il Dio nazionale Ammone, nonché padre di tutti i faraoni, per poi sostituirlo con Aton e cambiando anche il proprio nome in Akhenaton. Tale divinità venne rappresentata come un disco solare, con i raggi che terminano in mani che estendono ai sudditi il suo favore. Il motivo di questa riforma del faraone non era forse di natura religiosa ma era più probabile che lo facesse per indebolire il potere del corpo sacerdotale. Un esempio di semidivinità modificate nel tempo fu presente nella Grecia arcaica, nella quale si sosteneva che i demoni non avessero una forma, un’identità, un nome in quanto. in origine, erano pura energia divina, con il compito di custodire il destino delle persone. In seguito, con l’avvento della religione cristiana, le qualità di questa semi-divinità furono attribuite alla figura dell’Angelo Custode, mentre il demone iniziò ad essere associato a qualcosa di negativo. Il motivo di questa evoluzione è dovuto ad una graduale crisi della religione classica che, già dal V secolo a.C., non era più capace di rispondere alle domande esistenziali degli uomini. Infine, in Giappone, con l’influenza del buddismo nella religione shintoista (VI secolo d.C.), si introdusse il concetto di Terra Impura, ovvero di inferno, governato da Enma, il re degli inferi. Questo sovrano non era concepito come il “Maligno” ma come una divinità che interrogava, giudicava le anime e assegnava ai demoni le punizioni da infliggere ai dannati.

COSA CI ATTENDE NEL PASSAGGIO DALLA VITA ALLA MORTE? QUALI SONO LE INSIDIE DA AFFRONTARE DOPO IL TRAPASSO? E LA VITA NELL’ALDILA’? SONO DOMANDE CHE FORSE TROVANO RISPOSTE NEI 3 LIBRI DEI MORTI. Fino dalle sue origini, l’uomo si è interrogato sul mistero della morte, sul come affrontare il passaggio dopo il trapasso e la possibile vita nell’Aldilà. Per esorcizzare questi timori, nel Medioevo, fu redatto un opuscolo intitolato Ars moriendi (“L’arte di morire”): ossia due opere latine il cui scopo era quello di aiutare il morente con vari suggerimenti sul come “morire bene”, in base ai precetti cristiani dell’epoca. Essi furono scritti in un periodo in cui la società aveva assistito agli orrori della peste nera e alle conseguenti rivolte popolari. Ma Ars moriendi non sono gli unici testi a fungere da guida per il defunto nell’Aldilà, vi sono anche altre opere più antiche tra cui: il Libro dei Morti egizio o “Libro per uscire nel giorno” e il Bardo Thödol o Libro Tibetano dei morti. Per quanto riguarda quello egizio è una raccolta di frasi magico-religiose, che doveva servire al defunto come protezione ed aiuto per il suo viaggio nel mondo dei morti. Le singole sezioni di cui si compone il testo vennero chiamate “formula”, indicato in geroglifico dalla bocca umana, poiché le frasi dovevano essere pronunciate “dal sacerdote-lettore” che impersonava il defunto. A partire dal 1600 a.C., furono prodotte molte copie del testo poiché la persona in vita potesse crearsi il proprio formulario scegliendo gli incantesimi, le illustrazioni e la qualità del papiro, in base alle sue finanze. Per quel che riguarda il Libro Tibetano dei morti, invece, descrive le esperienze che l’anima vive nell’intervallo fra la morte e la rinascita. In particolare, un parente o un Lama legge vicino al corpo del defunto (o del morente), il Bardo, fungendo da voce-guida per suggerire all’anima la strada giusta da prendere. Inoltre nel testo vi sono le istruzioni anche per scegliere la migliore matrice uterina e i luoghi dove vivere la prossima rinascita. Tuttavia la preferenza può essere rischiosa a causa della fretta e delle cattive tendenze del karma. Quindi, ad esempio, una madre che sembra buona in realtà può essere cattiva e viceversa.

PUO’ PRENDERE POSSESSO DELLA CASA O PARTE DEL CORPO, FAVORIRE L’EVOLUZIONE PSICO-SPIRITUALE O LA LICANTROPIA. SONO ALCUNI TIPI DI POSSESSIONI, NON PER FORZA DIABOLICHE. Di solito in occidente si crede che la possessione sia un fenomeno collegato al demonio e al suo potere, mentre nelle altre culture il fenomeno si presenta con espressioni molto diverse, a volte connesse ad una dimensione negativa, a volte positiva. Ad esempio nell’induismo ci sono diversi tipi di possessione: da quella sciamanica (nella quale lo spirito parla tramite la persona), a quella fondata sulla comunicazione con gli Dei (per ottenere informazioni personali) fino a quella yogico-tantriche (che oscilla tra i due tipi di possessioni in base alla propria evoluzione psico-spirituale). A prescindere dalle sfumature del fenomeno, in genere, una divinità non può entrare completamente dentro una persona, come invece accade nel cristianesimo, poiché sarebbe come se un oceano entrasse in un bicchiere. Per questo motivo si crede che i fedeli vengano posseduti in alcune parti del corpo, come: la testa, i piedi, le mani, ecc. Un altro tipo di possessione lo possiamo trovare nelle culture animiste ed in particolare nella licantropia ossia quando lo spirito del lupo prende possesso dell’anima di alcune persone a seguito di particolari condizioni individuali e/o ambientali. Si ipotizza che la vicenda più antica legate al tema della trasformazione di un uomo in lupo sia nel poema l’Epopea di Ghilgamesh (2560-2500 a.C.) nel quale si descrive la mutazione di un pastore, in questo animale, a causa della maledizione lanciata dalla Dea Ishtar. Infine, per quanto riguarda nella religione shintoista, in Giappone, le entità considerate maligne venivano chiamate yurei che possono assumere forme terrificanti e prendere possesso dell’ambiente circostante. Nello specifico si crede all’esistenza dei Yurei Takuchi, ossia una creatura che si manifesta nelle abitazioni, causando forti rumori e oscillazioni dell’edificio. Sono tipi di manifestazioni paragonabili ai nostri poltergeist, poiché sono causati da uno spirito rumoroso che si impossessa di una casa o di un terreno.

DAGLI AMULETI MAGICI CHE SI BEVONO A QUELLI CHE SI MANGIANO FINO ALL’USO DELLA CROCE SUI POSSEDUTI. SONO ALCUNI STRUMENTI USATI NELLE ANTICHE CULTURE PER COMBATTERE LE FORZE DEL MALE. In generale nel rituale esorcistico cristiano si utilizzano determinati strumenti per allontanare presunte entità demoniache dal corpo dei posseduti, come ad esempio: la croce, le impostazioni delle mani o l’acqua benedetta. Per quanto riguarda la croce di San Benedetto, è il simbolo della vittoria sul peccato e sulla morte, nonché strumento di protezione ed esorcismo; a volte viene utilizzato anche come amuleto. Le impostazioni delle mani, invece, assumono il ruolo di trasmettere la forza dello spirito che consente di allontanare i demoni, di guarire gli ossessi e gli ammalati. Va ricordato che il gesto della mano destra corrisponde ad uno dei primi segni esorcistici: è infatti presente nel battesimo, nella cresima e nell’estrema unzione. Mentre l’acqua benedetta, usata in molte religioni, viene impiegata come segno della mediazione divina, che elimina le impurità e guarisce gli ammalati. Ma l’uso di strumenti per esorcizzare cose o persone, non è solo presente nella religione cristiana ma anche in credenze più antiche. Ad esempio, in Mesopotamia l'esorcista chiamato āshipu, oltre a ricorrere ad incantesimi, gesti, pozioni, amuleti o talismani, creava delle figurine sulle quali “convogliava” tutta la bramosia dell’entità negativa in modo tale che, eliminando l’oggetto, l’entità sparisse con essa. Oppure nell’antico Egitto, circa dal 945 a.C. al 343 a.C., si compiva il rituale dell’“acqua scritta”. In particolare, su delle statue coperte di testi magici, veniva versata dell’acqua che poi andava a raccogliersi nei bacili ai piedi delle sculture. Questo liquido, impregnato dell’efficacia dei simboli, era bevuto come sostanza terapeutica e oracolare, il cui scopo era quello di ostacolare il male. Un’altra esperienza similare è rintracciabile nella cultura tibetana dove vi sono gli amuleti commestibili, cioè piccoli pezzi di carta sui cui sono riprodotte delle sillabe che formano delle figure geometriche. Ogni amuleto ha specifiche proprietà, che viene ingerito dal malato per quella precisa malattia.

IMITARE LA VOCE DI UN MORTO, RACCOGLIERE INFORMAZIONI CON L’AIUTO DI UN COMPLICE E PREDIRE IL FUTURO CON UN LINGUAGGIO AMBIGUO. ECCO COME CREARE I FENOMENI PARANORMALI CON LA FRODE. Per lo psicologo G. H. Estabrooks e lo spiritista Dè Micheli, la presenza degli spiriti può essere spiegata anche attraverso la frode conscia o inconscia da parte del medium. In quest’ultimo caso ci fa capire come il subconscio potrebbe agire con la medesima potenza della coscienza e condurre il medium a compiere trucchi senza rendersene conto. Nella frode cosciente il medium può servirsi, durante una seduta spiritica, di mani artificiali, di strumenti meccanici o di un complice, per produrre presunti fenomeni paranormali. Già nell’antichità abbiamo delle testimonianze su come alcune figure ritenute sacre ingannassero i loro clienti. Ad esempio nell’Antico Testamento si racconta che il re Saul decise di rivolgersi alla Strega di Endor per evocare il profeta Samuele, da poco scomparso, e conoscere il futuro del suo regno. Ma nella Bibbia, sull’evocazione della maga ci sono dei dubbi, poiché viene descritta come un ventriloquo e quindi la voce del defunto che lei pronunciava forse non era del profeta ma la sua. Oppure un altro tipo di frode era presente nell’antica Grecia presso l’Oracolo di Delfi, quando le pizie, ossia le sacerdotesse devote al Dio Apollo, predicevano il futuro a coloro che erano venuti a interrogarle. Esse lo facevano in stato di trance che veniva stimolato o grazie alla masticazione delle foglie di alloro o dai vapori scaturiti dalla terra. Per lo storico greco Strabone tale oracolo era il più veritiero del mondo, eppure esso era anche famoso sia per l’ambiguità delle sue sentenze sia perché le sacerdotesse possedevano già molte informazioni su quella specifica persona. In particolare Delfi era un centro religioso dove vi affluivano persone da tutto il Mediterraneo, così il patrimonio di conoscenza raccolto, lo rendeva la più grande “banca dati” dell'antichità. Questa situazione potrebbe capitarci se ci rivolgessimo ad un veggente, secondo cui più l’appuntamento è distante e più c’è il tempo per raccogliere informazioni sulla nostra vita.

DALLE SCIAMANE GIAPPONESI CHE “ASSORBONO” LE ENTITA’ NEGATIVE AI MAGHI BABILONESI CHE SCACCIANO I DEMONI FINO AI CARISMATICI ESORCISTI CRISTIANI. COME DIVERSE FIGURE ESORCISTICHE MANIPOLANO IL MALE. Nei primi secoli dopo Cristo, tutti potevano essere esorcisti e operare per allontanare le presunte forze diaboliche, poiché si credeva che Dio avesse impartito ai credenti il carisma di allontanare i demoni. Ad esempio il teologo e scrittore romano Ippolito svolgeva una forma di esorcismo alle persone che dovevano battezzarsi utilizzando l’olio esorcistico, poiché il battesimo era considerato come la liberazione dal peccato e dal diavolo. Ma le pratiche esorcistiche non erano solo presenti nelle religioni bibliche bensì anche in tutte quelle credenze che prevedevano l’esistenza e l’azione di potenze demoniache. Infatti, le persone come: sacerdoti, sciamani o stregoni, mettevano in atto dei rituali per liberare l’uomo, da forze nocive e da varie forme di disturbi attribuiti alle potenze malefiche. Ad esempio i babilonesi ritenevano che le disgrazie di ogni sorta, specialmente malattia e morte, fossero causate da spiriti malvagi, sia per malevolenza spontanea, sia perché istigati dagli uomini. Così per combattere queste entità scomode, l’esperto di magia e di esorcismi, chiamato ashipu, prima di tutto effettuava una “diagnosi” che consisteva nel conoscere il nome dello spirito e poi applicava una specifica pratica esorcistica a seconda del tipo di demone che colpiva la vittima. Un altro esempio di credenza antica che compiva questo rito, lo troviamo in Giappone, prima del periodo Jōmon (10000 a.C.- 300 a.C.). In questa cultura vi era la sciamana che si occupava di impedire che gli spiriti maligni influenzassero negativamente o possedessero le persone. In particolare, nell’esorcismo giapponese la figura sciamanica non si confrontava direttamente con il malato, ma “spingeva” lo spirito a trasferirsi nel suo corpo attraverso la bocca, affinché potesse parlare con l’asceta. Infatti in molte zone dell’Asia era diventa una sorta di dottoressa e di curatrice capace di effettuare una diagnosi, di cercare l’anima smarrita del paziente e di riportarla nel suo corpo.

ANDARE IN ESTASI O AVERE VISIONI ANGELICHE, DEMONIACHE E DIABOLICHE… SONO DONI SPIRITUALI CHE CI SONO CONCESSI DALLE DIVINITA’ O SONO MANIFESTAZIONI DEL NOSTRO MONDO INTERIORE? La storia del misticismo e delle religioni sono spesso caratterizzate da peculiari esperienze spirituali che hanno avuto come soggetti principali le donne, tra cui ad esempio: Santa Rita da Cascia, Giovanna d’Arco o Colomba da Rieti. Queste manifestazioni sono presenti in determinate culture e riguardano anche visioni di figure angeliche, diaboliche e demoniache, in cui la persona coinvolta ha un rapporto “più ravvicinato” con specifiche divinità. In particolare con visione si indica, in modo generalizzato, un’apparizione, un’immagine o una scena del tutto straordinaria, che si vede, o si crede di aver visto, in stato di estasi o di allucinazione, o in situazioni definite come miracolose e soprannaturali, oppure anche in sogno. A tal proposito il teologo Agostino propose tre tipologie di visioni: 1. visione corporale ossia quando si vede un essere spirituale (di solito invisibile agli uomini) sotto forma corporea; 2. visione immaginaria o spirituale secondo cui l’essere umano percepisce le immagini o le sembianze dei corpi, attraverso un'illuminazione soprannaturale, fatta di una luce non fisica; 3. visione intellettuale: non si ha la percezione “fisica” della divinità ma della sua esistenza, grazie all’intelletto ed è indicata come un dono soprannaturale, che proviene da un mondo ultraterreno, divino o infernale. Essa è considerata uno dei più alti gradi delle visioni mistiche e di solito avviene durante le esperienze di estasi. Quest’ultima manifestazione anch’essa fa parte dei fenomeni della spiritualità, indicato come “delirio del mistico” che induce a sensazioni positive, benessere e senso di pace. Spesso è considerato l’effetto di un dono divino concesso solo ad alcuni illuminati mentre per altri esso viene vissuto in modo diverso a seconda del periodo storico in cui l’estasi viene percepita e interpretata e in base a quello che crede il mistico e in chi lo assiste. Va inoltre ricordato che tali esperienze potrebbero essere anche di natura isterica e quindi riferibili alla sfera psicopatologica.

USARE I SOGNI PER PREDIRE IL FUTURO, L’IPNOSI PER RICORDARE VITE PRECEDENTI E LA TRANCE PER PARLARE CON I DEFUNTI. ECCO ALCUNI STATI ALTERATI DI COSCIENZA USATI PER COMPIERE PRESUNTI EVENTI PARANORMALI. Gli stati alterati di coscienza sono un cambiamento radicale del funzionamento della mente che coinvolgono ad esempio: la memoria, il ragionamento, la percezione spazio-temporale e le facoltà motorie; senza la presenza di patologie. Vediamone alcune. 1. Trance medianica è simile al sonno ma con caratteristiche elettroencefalografiche che somigliano allo stato di veglia. In particolare l’individuo perde la consapevolezza e i contatti con la realtà, per poi ritornare nella condizione normale ma accompagnata da amnesia. Essa veniva usata già nell’antica Grecia dalle pizie, ossia sacerdotesse devote al Dio Apollo, per predire il futuro mentre, più di recente, dagli spiritisti come mezzo per entrare in contatto con il mondo degli spiriti. 2. Ipnosi è caratterizzata da uno stadio intermedio tra il sonno e la veglia dove l’ipnotizzato è in grado di intendere e volere e quindi la procedura accade per mezzo della sua volontà; come una sorta di autoinganno. L’ipnosi fu utilizzata con forme e nomi diversi anche tra le popolazioni primitive sia per scopi terapeutici sia divinatori applicati da sciamani, guaritori, medici, sacerdoti e stregoni. Oggi viene usata per agire su disturbi di tipo psicosomatico, o per portare alla coscienza i contenuti inconsci o per far emergere presunti ricordi di vite precedenti. 3. Il sogno si svolge durante il sonno ed è possibile conservare, dopo il risveglio, immagini, pensieri, emozioni che hanno caratterizzato la scena onirica. Tale fenomeno fu usato dagli uomini, già dall’antichità, per cercare di cogliere i significati della propria esistenza. Ad esempio nell’antico Egitto vi era una casta sacerdotale che si recava nei templi per sognare. Al loro risveglio raccontavano i sogni ad altri sacerdoti che avevano il compito di interpretarli per predire il futuro o avvertire di un pericolo. In seguito, grazie allo psicanalista S. Freud, il sogno diviene la “via principale” che ci conduce nelle profondità nel nostro mondo interiore. 

DALLA STRAGE DELLE STREGHE DI SALEM ALLE ALLUCINAZIONI NOTTURNE FINO ALLE CATASTROFI NATURALI. SONO ALCUNI ESEMPI DI COME L’UOMO HA SPESSO INTERPRETATO STRANI EVENTI COME FENOMENI PARANORMALI. Rispetto al passato, oggi la possessione demoniaca non è molto diversa da quella che caratterizzava i posseduti esorcizzati dei secoli scorsi e gli esorcisti invitano alla prudenza nel prendere contatto con gli spiriti dei morti. In particolare il dedicarsi all’occultismo o allo spiritismo, non sarebbero altro che diversi modi attraverso cui il diavolo si insinuerebbe tra le persone più fragili conducendole nella condizione di posseduto. Ma d’altro canto è anche doveroso sottolineare che in passato alcuni fenomeni ritenuti anomali o sconosciuti furono subito considerati come conseguenze della possessione diabolica o “attacchi” da parte di presunte entità maligne. Ad esempio nella strage delle Streghe di Salem, avvenuta nel XVII secolo, le presunte vittime strisciavano, gridavano, accusavano dolori terribili e si contorcevano in preda a visioni popolate da demoni. In assenza di chiare spiegazioni mediche al problema l’unica interpretazione che fu accettata fu quella della possessione demoniaca. Oppure nel medioevo le allucinazioni che si manifestavano prima di addormentarsi di notte o prima di svegliarsi al mattino, si pensava fossero causate da spiriti, demoni e diavoli. Ma questa propensione ad interpretare ciò che non si conosce come fenomeni paranormali era presente già nei nostri antenati. In particolare a fronte delle catastrofi naturali come terremoti, alluvioni o eruzioni vulcaniche, il modo più semplice per spiegarli era quello di credere che si trattasse del volere di potenti creature sovrannaturali che decidevano di provocare un disastro. Per calmare l’incertezza si seguivano determinati rituali che potevano attutire, in parte, ciò che è incontrollabile. In conclusione, quando si ha a che fare con fenomeni sconosciuti o comunque anomali, come ad esempio la possessione, questo non significa che il diavolo debba essere visto come unica fonte a cui attribuire una situazione che non si ritiene naturale, ma forse potrebbero esserci altri tipi di spiegazioni.

COME DISTINGUERE I SINTOMI DI UNA PRESUNTA POSSESSIONE DEMONIACA DALLE CAPACITA’ PARANORMALI DEI SENSITIVI. ALCUNI “CRITERI DIAGNOSTICI” DEL TEOLOGO BALDUCCI CHE INFLUENZARONO L’ESORCISTA PADRE AMORTH. Alla fine degli anni Cinquanta del Novecento, l’abate austriaco Alois Wiesinger (1885-1955) suggerì che parlare lingue sconosciute e conoscere cose lontane, non per forza dovevano essere sintomi di una possibile possessione demoniaca, ma potevano far parte dei fenomeni parapsicologici. In accordo con quest’ultimo, anche il teologo italiano Corrado Balducci (1923-2008) riprese il tema della parapsicologia e, nel suo libro Gli indemoniati (1959), fornisce dei criteri diagnostici per distinguere l’autenticità della possessione demoniaca dall’attività psichica o/e dalla malattia mentale. A tal proposito, secondo l’autore, un modo per riconoscere questo tipo di manifestazione era la ripugnanza che gli indemoniati mostravano per gli oggetti sacri; al contrario dei sensitivi che provocavano naturalmente effetti come: la telecinesi, la levitazione, la telepatia o la chiaroveggenza. Per evitare, quindi, di fraintendere i fenomeni parapsicologici con i segni di possessione diabolica, Balducci raccomandava che la diagnosi verso il potenziale posseduto fosse suddivisa in due momenti. Il primo era la “fase di osservazione”, in cui l’esorcista avrebbe dovuto ricercare segni di possessione, mentre il secondo momento era la “fase di valutazione”, in cui si sarebbe dovuto valutare una possibile componente demoniaca, confermata anche dalle esperienze sperimentali che l’indemoniato aveva avuto in passato o da eventi accaduti attorno a lui. Con i suoi scritti, Balducci cercava di dimostrare l’apertura della Chiesa verso il mondo moderno mentre sosteneva, al tempo stesso, la dottrina tradizionale sulla realtà di Satana. Tra l’altro anche se le sue idee non rientravano nella corrente teologica principale degli anni Cinquanta e Sessanta, tuttavia influenzò l’esorcista italiano Gabriele Amorth e fece sì, che il suo pensiero, giocasse un ruolo importante nella ricomparsa dell’esorcismo alla fine del XX secolo.

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APRIRE LE PORTE DELL’ALDILà, COMUNICARE CON GLI SPIRITI E TRATTARE LE POSSESSIONI, SONO ALCUNI ASPETTI DELLO SPIRITISMO CONSIDERATI PERICOLOSI DAI CATTOLICI, MA CHE ISPIRARONO IL FILM “L’ESORCISTA”. Il modo con cui noi oggi intendiamo comunicare con le anime dei defunti nacque in America nel 1848 quando le sorelle Fox, ossia le prime medium moderne, comunicarono con un presunto spirito attraverso un alfabeto basato sul numero di colpi battuti sui muri di casa. Questo tipo di contatto si diffuse ben presto oltreoceano ed arrivò in Francia dove il pedagogo Alan Kardec (1803-1869), lo trasformò in una vera e propria dottrina. In particolare egli sosteneva, tra varie idee e principi, che comunicare con i morti fosse una dote naturale e che i demoni non esistessero ma solo anime che preferivano il male, l’egoismo, l’ipocrisia e la crudeltà. D’altro canto la Chiesa cattolica si accorse solo successivamente che lo spiritismo potesse essere per lei un potenziale pericolo: in Gran Bretagna e in America l’ondata della campagna ecclesiastica contro tale dottrina giunse dopo la prima guerra mondiale ossia quando il prete anglicano John Godfrey Raupert fu invitato in America da papa Pio X. Durante la sua permanenza Raupert scrisse un articolo in cui condannava l’uso della Tavola Ouija da parte degli spiritisti e metteva in guardia rispetto al fatto che: “se per [l’utilizzatore] era una cosa facile aprire la porta mentale tramite cui la mente poteva essere invasa, era invece difficile, se non impossibile, chiudere quella porta ed espellere l’invasore”. Egli descrisse gli effetti della possessione demoniaca, nonché gli eventi drammatici che accadevano durante gli esorcismi. In particolare egli portò l’esempio di un demone che aveva sollevato un uomo da una sedia gettandolo con violenza al suolo, mentre diceva agli esorcisti che non avevano nessuna possibilità di scacciarlo. È probabile che Rupert, pubblicizzando i pericoli della tavola ouija, avesse influenzato poi il caso di Mount Rainer, noto per aver ispirato lo scrittore e regista William Peter Blatty autore del romanzo horror “L'esorcista” del 1971 da cui nacque il film omonimo nel 1973.

 

NON ESISTE IL DIAVOLO, L’INFERNO E I DEMONI E GLI ANGELI, MA SOLO SPIRITI CHE SI REINCARNANO PER PURIFICARSI DAI DIFETTI MORALI. ECCO ALCUNI ASPETTI DELLO SPIRITISMO, UNA FILOSOFIA NATA DALL’ESPERIENZA DEI MEDIUM DELL’OTTOCENTO. Nel 1857 il pedagogo Hyppolyte Rivail, in arte Alan Kardec (1803-1869), fondò lo spiritismo ossia una dottrina religiosa che proponeva di interpretare i fenomeni paranormali, attraverso la manifestazione delle anime dei defunti, evocati nelle sedute spiritiche. Tale filosofia non ammetteva l’esistenza del diavolo e dell’inferno, o di altri concetti di stampo religioso, ma sosteneva che nell’aldilà lo spirito scontasse i propri peccati passati. In particolare si reincarnerebbe in molte vite terrene per purificarsi progressivamente dai difetti morali fin quando raggiunge alti livelli di perfezione. A. Kardec suddivise gli spiriti in tre principali categorie esposte in ordine ascendente, tra cui: A. Terzo ordine: Spiriti imperfetti. I caratteri generali sono determinati dalla propensione al male, all’egoismo, all’ipocrisia e alla crudeltà, provano invidia e gelosia verso le felicità delle persone buone. Sono ancora legati alla materia e per questo nutrono sensazioni e sofferenze della loro vita corporea; B. Secondo ordine: Spiriti buoni. Non sono ancora liberi dalla materia poiché possiedono ancora tracce della propria esistenza corporea come, ad esempio, conservare parti di linguaggio, di alcune abitudini e passioni. Per raggiungere il loro perfezionamento usano le loro qualità e il loro potere di fare del bene. C. Primo ordine: Spiriti Puri. Essi non sono più legati alla materia, poiché hanno raggiunto il vertice della perfezione e non devono più reincarnarsi. Il loro compito è di assistere gli uomini nelle loro vicende e di spronarli a compiere azioni buone. Da come si può capire un’altra caratteristica dello spiritismo è la diversa concezione di angeli e di demoni rispetto a quella della prospettiva cattolica. Nello specifico, i demoni sarebbero spiriti poco evoluti mentre gli angeli sono già ad un alto livello di perfezione morale. Inoltre, per gli spiritisti non esiste l’inferno, in quanto Dio cerca di favorire i suoi figli in una evoluzione spirituale e non li condanna per gli errori temporanei.

UN “ANELLO DI CONGIUNZIONE” SI INSTAURA TRA IL MONDO DEI VIVI E QUELLO DEI MORTI: È IL MEDIUM CHE, PER I PARAPSICOLOGI, SVOLGE LA SUA FUNZIONE CON LA TELEPATIA, LA POSSESSIONE E I FENOMENI PARANORMALI. Nella seconda metà del Settecento il movimento culturale chiamato Romanticismo nacque soprattutto come reazione contro la razionalità dettata dall’Illuminismo, esso era caratterizzato dalla “passione”, dal “sentimento”, dalla riscoperta della religione e della superstizione. Da questo clima culturale nacque lo spiritismo, la parapsicologia e anche le prime medium moderne, intese nella stessa concezione di come le conosciamo noi oggi. In particolare con il termine medium (dal latino “mezzo”) si indica quella persona dotata di presunte facoltà paranormali, che le permette di fungere da intermediario tra il mondo terreno e gli spiriti delle persone defunte. Secondo i parapsicologi gli spiriti si manifesterebbero in diversi modi come ad esempio: 1. con la telepatia, ossia quando il contatto avviene in sogno o in un altro stato alterato di coscienza; 2. con i fenomeni paranormali come voci, suoni, rumori, spostamento di oggetti, ecc.; 3. quando l’entità si fa vedere in forma antropomorfa; 4.  con la possessione ovvero quando lo spirito “entra” nel medium e manifesta diverse personalità dalla sua e apparentemente autonome. Inoltre per quest’ultima fenomenologia gli esperti sostengono che vi siano altri modi che l’entità può possedere un medium, tra cui: A. incorporazione ossia una presa momentanea di possesso del medium da parte di un’entità spirituale, che intenda comunicare con i vivi. In genere si tratta dello spirito di un defunto che parlerebbe con la sua stessa voce, scrivendo con la sua stessa calligrafia, usando gli stessi modi di dire e accennando a fatti specifici di quand’era in vita; B. ossessione ovvero possessione spontanea e periodica di un soggetto da parte di un’entità defunta identificata. Essa si distingue dall’incorporazione in quanto, in questo caso, è ricercata e accettata come tale dal medium; C. invasamento indica l’invasione di una personalità da parte di un’altra, che può interessare non solo il medium ma anche i partecipanti della seduta medianica.

CURARE I PAZIENTI CON L’USO DELLE MANI, SCACCIARE UN DEMONE ESORCIZZANDO ALCUNE PARTI DEL CORPO O IMBROGLIARE IN UNA SEDUTA SPIRITICA. SONO ALCUNE PRATICHE ESERCITATE NELLE PSEUDOSCIENZE. Nel Settecento, nonostante ci fosse l’Illuminismo che dava maggior fiducia all’intelletto umano, vi era una certa tolleranza verso l’irrazionalità dovuta alla comparsa di un altro movimento culturale chiamato Romanticismo. Per questo motivo si accoglievano persone che creavano o condividevano le pseudoscienze, senza avere una chiara distinzione tra la scienza e la magia. Ad esempio il prete tedesco J. J. Gassner credette di poter guarire le vittime di possessione attraverso l’esorcismo persuasivo, ossia una tecnica diretta a costringere un demone possessore a manifestarsi in diversi punti del corpo del soggetto. Di solito Gassner non affrontava i casi di possessione conclamata ma situazioni di malattia fisica e mentale provocata da presunte entità malvagie. Un altro esempio di guaritore, definito “scientifico”, fu il medico viennese F. A. Mesmer che ipotizzò l’esistenza di una misteriosa energia chiamata “magnetismo animale” (ossia “vitale”) presente negli esseri viventi e nei minerali. In particolare egli sosteneva di curare i pazienti attraverso “passaggi magnetici” (contatti e sfioramenti) poiché riusciva a trasmettere questa forza invisibile con le dita. I suoi esperimenti provocavano nelle persone spesso convulsioni e comportamenti che erano simili a quelli della possessione demoniaca. Tra il 1880 e il 1930 si pose il problema di trovare delle spiegazioni scientifiche a quella che poteva essere una possibile vita dopo la morte e per questo che nel 1882 fu fondata SPR (Society for Psychical Research) in Inghilterra. Una società il cui scopo era quello di esaminare i fatti riguardanti i fenomeni occulti, come le trance dei medium, poltergeist, telepatia e apparizioni. Verso la fine del XIX secolo le indagini della SPR, riuscirono a smascherare le frodi di molti medium, tra cui il caso di Eusapia Palladino, accusata di servirsi di mani artificiali e altri strumenti durante le sedute spiritiche e spesso scoperta a prelevare oggetti preziosi dalle tasche dei presenti.

 

 

 

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