Questa parte è dedicata alle curiosità, dove ti puoi addentrare in alcuni luoghi insoliti. Buon viaggio!
MAESTOSI EDIFICI SONO “SOSPESI IN ARIA” SOPRA LA PIANURA DELLA TESSAGLIA, IN GRECIA. SONO I MONASTERI DI METEORA CHE FURONO COSTRUITI DAI PAZIENTI EREMITI PER DIFENDERSI DAI NEMICI. Meteora è una famosa località ubicata nella regione della Tessaglia, nei pressi della cittadina di Kalambaka, in Grecia. Il suo nome in greco significa “in mezzo all'aria” o “sospeso in aria” e fa riferimento ad un importante centro della Chiesa ortodossa. Questo luogo è caratterizzato da un sistema roccioso composto da una miscela di arenaria e conglomerato, formatosi nei fondali circa 60 milioni di anni fa ed emerso quando si abbassò il livello del mare. I primi eremiti, che arrivarono in questa zona, si insediarono nelle grotte scavate nei pinnacoli, intorno al X secolo, in piena epoca bizantina. Col tempo ebbero la necessità di costruire sempre più in alto poiché dovettero difendersi dagli attacchi nemici. In particolare essi edificarono i monasteri portando in cima il materiale, ma anche le persone, con l’uso di ceste e scalette. Le loro strutture resistettero per secoli fino a quando le scorrerie portarono Meteora ad un graduale declino dal XVII secolo alla seconda guerra mondiale. Tuttavia, dopo il conflitto, si tornò alla normale vita monastica e, dei 24 monasteri originari, 6 sono rimasti tutt’oggi abitati. Vediamoli insieme. Varlaam fu fondato nel 1517 dall’eremita Varlaam e per costruirlo ci vollero 22 anni portando i materiali in cima con le funi; Aghia Triada fondato dal monaco Dometio nel XV secolo e usato per il film di James Bond “Solo per i tuoi occhi” Agios Nikolaos risale forse al XIII secolo ad opera di Nicanor Anapavsas. È il più piccolo di quelli ancora attivi e, per raggiungerlo, bisogna salire numerosi gradini scavati nella parete rocciosa; Roussanou è un monastero femminile, fondato nel 1545 da Joasaph e Maximos, costruito sulle rovine di una antica chiesa; Megalo Meteoro è il più importante delle strutture di Meteora. Esso fu fondato da Sant’Atanasio intorno al 1340, una delle figure più note del monachesimo ortodosso; Agios Stefanos risale al 1191 ad opera dell’eremita Iérémias. Qui vi è custodito il teschio di San Haralabos, che è stato donato dal principe Drăculea.
UN “MAGICO OGGETTO” HA PERMESSO AI VICHINGHI DI SCOPRIRE L’AMERICA PRIMA DI CRISTOFORO COLOMBO! È LA “PIETRA DEL SOLE” CHE PERMETTEVA AI NAVIGATORI DI ORIENTARSI IN MARE NELLE GIORNATE NUVOLOSE. In molti racconti, nelle antiche saghe nordiche, come in quella di Sant’Olaf, vengono citate le cosiddette sólarsteinn ossia “magiche” pietre che venivano utilizzate per navigare in condizioni di tempo nuvoloso. Gli scienziati ritengono però che tali oggetti non sono solo una leggenda ma esistono davvero. Infatti la loro presenza è stata attestata negli inventari di chiese e monasteri del XIV-XV secolo, ma anche nella scoperta del 2013 nelle Isole Normanne, dove è stato trovato un cristallo squadrato in una nave da guerra elisabettiana del XVI secolo. Nello specifico si tratta di cristalli di calcite, chiamati dai navigatori vichinghi pietre del sole o anche spato d’Islanda, in quanto il minerale è facilmente reperibile in quest’isola e nei Paesi nordici. In base ad uno studio ungherese pubblicato su Royal Society Open Science queste pietre potevano in effetti servire a rintracciare la posizione del sole anche quando il cielo era completamente coperto. In particolare grazie alla sua birifrangenza il raggio del sole che lo attraversa viene scomposto in due parti creando due immagini a seconda della polarizzazione della luce. Se il cristallo viene girato nella direzione giusta, è possibile ottenere un’unica immagine, determinando così la posizione del sole anche nelle giornate nuvolose. Oltre a questa straordinaria scoperta, si sospetta che la pietra del sole abbia permesso ai vichinghi di scoprire l’America già svariati secoli prima di Cristoforo Colombo. Infatti uno studio pubblicato su Antiquity si è basato sull'analisi di alcuni resti di legno trovati in Groenlandia che fu occupata tra il 985 e il 1450 d.C. Osservando la struttura cellulare del legno, i ricercatori hanno sostenuto che non provenisse dall'Europa settentrionale, ma dalle Rocky Mountains canadesi. In definitiva ancora oggi nessuno ha testato i viaggi che facevano i vichinghi con la pietra solare ma si sta provando ad effettuare delle simulazioni a computer per indagare se il minerale potesse essere affidabile per raggiungere l’America.
MISTERIOSE CASE FATATE SONO STATE SCAVATE TRA LE ROCCE DELLA SARDEGNA PRENURAGICA. SONO LE BIZZARRE DOMUS DE JANAS, OSSIA TOMBE CHE ACCOGLIEVANO I DEFUNTI IN ATTESA DEL LORO VIAGGIO NELL’ALDILA’. Le Domus de Janas sono delle grotticelle artificiali scavate nella roccia della Sardegna prenuragica, realizzate nel Neolitico ossia già a partire dal IV millennio a.C. In seguito con la cultura di Ozieri esse si diffusero in tutta la Sardegna ad eccezione di gran parte della Gallura. Il termine sardo “Domus de Janas” è stato tradotto in italiano come “case delle fate”, essendo le Janas delle benefiche minuscole fate che, secondo la leggenda, tessevano splendidi tessuti d’oro. Esse erano così minute da riuscire ad attraversare, in piedi, le piccole aperture delle loro abitazioni. Nella realtà, invece, tali strutture sono un tipo di tombe realizzate a somiglianza delle case dei vivi allo scopo di accogliere al meglio i propri cari. Infatti la gente della cultura di Ozieri credeva che simbolicamente i defunti dormissero all’interno di queste strutture, come se fossero nel ventre della Madre Terra, per poi intraprendere il viaggio rigeneratore nell’Aldilà. Si possono trovare grotticelle a forma di capanna rotonda con il tetto a cono ma anche con spazi rettangolari corredate di tetti spioventi provvisti di porte e finestre ma anche di focolari, colonne, zoccoli, bacili e false porte. Esse sono spesso collegate tra loro a formare dei veri e propri cimiteri sotterranei, con un corridoio d'accesso (dromos), un ingresso e un soffitto alto. Le pareti venivano ornate spesso con simboli magici in rilievo, rappresentanti teste di bovino, spirali ed altri disegni geometrici. Molto frequenti sono le raffigurazioni della testa taurina o delle sole corna come simbolo di rigenerazione per i defunti. Fino ad oggi ne hanno trovate più di 2.400, ma si ipotizza che molte rimangano ancora da scoprire. Riportiamo solo qualche esempio: Domus de Janas di Sedini definita come la cattedrale delle Domus; Domus de Janas di Sa Conca 'e Mortu dal fascino inquietante; Domus de Janas di S'Incantu una delle più spettacolare; Domus de Janas di Borucca; Domus de Janas della Roccia dell'Elefante; le necropoli di Istevene, di Prunittu, di Uniai.
UN “ARCOBALENO LIQUIDO” SI ESPANDE NEL PARCO DELLA SIERRA DE LA MACARENA, IN COLOMBIA. È IL “FIUME DI CRISTALLO” CHE, CON LE SUE ACQUE COLORATE, PIETRE ANTICHE E MARMITTE DEI GIGANTI, REGALA UNO SPETTACOLO CHE INCANTA. Tra le Ande e l'Amazzonia, nel cuore della Colombia, si cela il Caño Cristales, chiamato anche “il fiume dei cinque colori” o "fiume di cristallo" situato nel suggestivo Parco Nazionale Naturale della Sierra de la Macarena. Le acque di questo affluente del fiume Guayabero, da giugno a dicembre, assumono diverse colorazioni: il giallo, il rosa, il verde, il rosso e il blu, creando una sorta di “arcobaleno liquido” lungo oltre 90 chilometri. Questa tavolozza di colori è resa possibile grazie ad una pianta acquatica chiamata Macarenia clavigera che aderisce in modo stabile alle rocce, nei punti in cui il fiume scorre più velocemente. In particolare quando essa è esposta ai raggi del sole assume una colorazione rosso-rosa brillante, mentre se si trova in ombra dona un colore verde acceso che, insieme ai minerali tipici di quest’area, rende l’acqua del fiume scintillante. Inoltre il Caño Cristales è anche famoso per le sue cascate e per le cosiddette “Marmitte dei Giganti” o “Marmitte del Diavolo”. Queste ultime sono delle cavità cilindriche che si formano quando l’acqua corrente s’imbatte in un ostacolo nel letto del fiume e viene costretta a ruotare sempre nello stesso punto. Esse sono state chiamate in questo modo molto probabilmente perché la loro forma ricorda i pentoloni presenti nelle varie leggende, che venivano usati dai giganti o dai diavoli per cuocersi la zuppa. A conferire ulteriore fascino e mistero al luogo vi sono anche le rocce di quarzite risalenti a circa 1,2 miliardi di anni fa, che si stima siano tra le più antiche del mondo. Inoltre, percorrendo i fiumi Duda e Guayabero è possibile trovare resti archeologici come petroglifi e pittogrammi delle culture indigene che abitavano la zona. In definitiva, oltre al fenomeno visto poc'anzi, ci sono delle formazioni rocciose che creano un paesaggio contrastante tra la durezza delle rocce e la delicatezza dell’acqua “dipinta” dai suoi cinque colori.
UNA “ZONA FANTASCIENTIFICA” SI ESTENDE TRA IL ROVENTE ED ARIDO DESERTO DELLA LIBIA. È LA VALLE DEI PIANETI DOVE ESISTONO DELLE PIETRE CAPACI DI CRESCERE, RIPRODURSI E SPOSTARSI. La Valle dei Pianeti, conosciuta come Kawakeb o localmente come Wan Tikofi, si trova a circa 1130 chilometri a sud di Tripoli, vicino alla città montana di Ghat, nella Libia sud-occidentale. Il sito, ubicato nel deserto libico, è una testimonianza di misteri e meraviglie presenti in natura che affascina turisti e scienziati. Le sue insolite formazioni rocciose, infatti, ricordano i pianeti del nostro sistema solare ed è per questo che la NASA ha soprannominato questo luogo con il nome di “la Valle dei Pianeti”. In generale il diametro medio delle pietre è di circa 10 metri cadauna ed esse sono posizionate l’una accanto all’altra per una distanza di circa 30 chilometri. Le origini del sito sono misteriose poiché è difficile accedervi per effettuare studi approfonditi ma la sua formazione è alquanto singolare. In particolare quando le bizzarre pietre entrano in contatto con l’acqua, ne aumenta la loro pressione interna, andando a scatenare la nascita di tante escrescenze pietrose lungo la superficie della roccia “madre”. Una sorta quindi di “geo-gravidanza” interna che è possibile vederla nelle “sfere” sezionate a metà, caratterizzate da tanti cerchi concentrici simili a quelli dei tronchi degli alberi. Oltre alla capacità di riprodursi esse sono in grado anche di spostarsi. Infatti tale capacità è dovuta dall’aumento casuale del volume di un lato, ossia un rigonfiamento, che permette al masso di inclinarsi e quindi di cambiare posizione. Sebbene ogni evoluzione di pochi centimetri avvenga in un lasso di tempo molto lungo, anche di un migliaio di anni, qualche frammento di roccia riesce a staccarsi dalla matrice e a rotolare via, offrendo la vita ad una nuova piccola formazione. Un altro luogo nel mondo dove possiamo trovare questo fenomeno è in Romania, presso la riserva naturale chiamata il Muzeul Trovanților, ubicata nella valle di Costești. Qui “vi abitano” delle “Pietre Viventi” chiamate Trovants (“sabbia cementata”) che sono capaci di crescere, riprodursi e spostarsi.
CURIOSI MONUMENTI A FORMA DI SPIEDINO "SPUNTANO" DINNANZI AI FAVOLOSI TEMPLI DELL’ANTICO EGITTO. SONO GLI OBELISCHI: MONOLITI DI PIETRA CHE, PER GLI EGIZI, RACCHIUDONO LA DIMORA DI RA, IL DIO DEL SOLE. L’obelisco, in greco obelos ossia ‘spiedino’, è un monumento commemorativo dell’antico Egitto, composto nella maggior parte dei casi da un monolite in pietra, su cui venivano riportate incisioni e bassorilievi. La sua forma è allungata, quadrangolare e termina con una punta chiamata pyramidion ossia una cuspide piramidale che rappresentava la sacra pietra benben. A volte essa era ricoperta di lamine d'oro, elettro o rame dorato per brillare con la luce solare. Per questo popolo l'obelisco simboleggiava il Dio del sole Ra e, durante la riforma religiosa del faraone Akhenaton, si diceva fosse un raggio di sole pietrificato dell'Aton (il Dio disco solare) o addirittura la struttura dove viveva la divinità stessa. Gli architetti Egizi erano soliti collocare due obelischi all’entrata dei templi e dei luoghi di culto, per indicare ai fedeli l’ingresso nel territorio sacro. Quando i Romani videro queste stele di pietra ne rimasero talmente infatuati che, dopo aver "occupato" l’Egitto intorno al 30 a.C., iniziarono a portarli nella città eterna. Ancora oggi Roma è disseminata di obelischi egizi tra cui quello più noto è il Lateranense, realizzato forse ad Assuan nel XV secolo a.C. che, con la sua altezza di 32,18 metri, viene considerato l'obelisco monolitico più alto del mondo. Altri monumenti di questo tipo si trovano ad esempio: ad Istanbul dove vi è l'obelisco di Teodosio che ebbe origine presso il Tempio di Karnak nel XV secolo a.C. e arrivò a Costantinopoli nel 390 d.C.; al British Museum, a Londra, dove è conservato l’obelisco nero del re assiro Shalmaneser III, risalente al IX secolo a.C.; sempre nella città inglese, ma anche a New York e a Parigi, vi è l’Ago di Cleopatra che si riferisce a tre differenti obelischi di origine egizia, ma senza un reale riferimento alla regina Cleopatra. In particolare gli obelischi di Londra e New York sono gemelli realizzati ad Heliopolis nel XV secolo a.C., mentre quello di Parigi fu costruito a Luxor nel XIII secolo a.C. ed ha un’altra copia rimasta nella sua posizione originaria.
“GIU’ LA MASCHERA E RIVELACI LA TUA VERA IDENTITA’!” IL MISTERO DELLA MASCHERA DI AGAMENNONE SCOPERTA A MICENE (GRECIA) I CUI BAFFETTI ALL’INSU’ RICORDANO “UN PO’ TROPPO” LO STILE BELLE EPOQUE. Come una gazza ladra attirata dagli oggetti luccicanti, anch’io sono stata attirata dalla brillante, dorata, ma soprattutto “ben conservata”, Maschera di Agamennone. Tale manufatto fu scoperto dal tedesco Heinrich Schliemann, autodidatta e appassionato cultore di archeologia, che investì il suo patrimonio per rintracciare sul terreno i resti delle città citate dal poeta greco Omero. Tra le varie avventure che intraprese, nel 1874 andò a scavare sul sito dell’antica Micene e nel 1879 trovò una serie di tombe con un grandioso corredo funebre. In particolare vi furono maschere funerarie in oro che ricoprivano dei teschi e tra questi, secondo Schliemann, quella di Agamennone, il mitico re degli Achei protagonista della Guerra di Troia. L’oggetto in questione è composto da una lamina d’oro con rilievi a sbalzo. Esso raffigura un uomo anziano con baffi e barba i cui occhi sono chiusi e le orecchie sono in posizione frontale. La parte superiore del viso termina con il bordo della lamina leggermente curvo che denota un uomo privo di capelli. I dettagli realizzati non sono naturalistici ma creati con gusto decorativo. D’altro canto il filologo classico William M. Calder III, esaminando le descrizioni riportate nei quaderni di Schliemann, aveva trovato molte imprecisioni e notizie false forse per gonfiare l’importanza delle sue scoperte. Ad esempio i reperti come: elmi, gioielli e maschere funerarie, dovrebbero risalire fra il 1550 e il 1500 a.C., ossia secoli prima rispetto a quelli descritti dal poeta Omero. Mentre per quanto riguarda la cosiddetta Maschera di Agamennone si sospetta che sia stata forgiata da qualche orafo e messa da Schliemann all’interno delle tombe reali di Micene. Infatti, la maschera raffigurerebbe lo stesso scopritore da giovane, con i suoi inconfondibili baffetti all’insù che ricordano non tanto le acconciature dei tempi della Grecia micenea, ma quelli in stile Belle Époque. Nonostante le perplessità, ancora oggi non sappiamo se questo reperto sia falso o autentico.
INCREDIBILI FORZE DELLA NATURA HANNO PLASMATO IL NOSTRO PIANETA NEL CORSO DI MILIONI DI ANNI. SONO LE FORESTE PIETRIFICATE DOVE GLI ALBERI SI TRASFORMANO IN PIETRA. Le foreste fossili, o pietrificate, sono giacimenti fossiliferi vegetali che anticamente erano formate da alberi, ma che attraverso un lento processo chiamato permineralizzazione, sono stati trasformati da legno in pietra. In particolare tale cambiamento si verifica quando dei sedimenti o della cenere vulcanica “seppelliscono” gli alberi impedendo a questi ultimi l’apporto di ossigeno e di conseguenza la decomposizione. Nel corso del tempo i minerali contenuti nel terreno, e disciolti nelle acque sotterranee, penetrano nei tronchi degli alberi andando a sostituire gradualmente il legno e conferendone anche delle sfumature colorate. Tali foreste sono presenti in alcune aree della Terra, vediamone alcune. 1. La Foresta Pietrificata di Khorixas, in Namibia, dichiarata nel 1950 monumento nazionale, dove si trova il più grande accumulo di legno fossile dell'Africa; la Foresta Pietrificata di Martis, nella località Carrucana, in Sardegna, i cui resti fossili sembrano rocce che ricordano i tubi dell’acqua anche se in verità sono alberi risalenti a circa 20 milioni di anni fa; la Foresta “mummia” di Dunarobba, in provincia di Terni, ovvero uno dei siti paleo-archeologici più importanti al mondo, dove vi sono alberi risalenti oltre 2,5 milioni di anni fa, per di più ben conservati; 3. il Parco Nazionale della Foresta Pietrificata, in Arizona, è situato sul Chinle Formation ossia un’unità rocciosa di oltre 200 milioni di anni fa. Il parco vanta di avere una delle più grandi e colorate concentrazioni di legno pietrificato al mondo. I primi abitanti della regione furono gli Puebloans, vissuti intorno al 200-1500 d.C. che lasciarono petroglifi, pittogrammi e rovine. In seguito tale zona fu abitata dai nativi americani, tra cui i Navajo e gli Apache, che usarono il legno pietrificato per utensili ed altri oggetti. Nel complesso, le foreste pietrificate offrono un salto indietro nel tempo, che permettono a studiosi e scienziati di ottenere informazioni sugli antichi ecosistemi e modelli climatici.
UN VILLAGGIO PITTORESCO È ARROCCATO SUL FIANCO DI UNA MONTAGNA, SOPRA IL CANYON DELL’ALZOU, IN FRANCIA. È ROCAMADOUR UN BORGO VERTIGINOSO DA CUI È POSSIBILE SCENDERE NEGLI ABISSI DELLA TERRA. Situata nel sud-ovest della Francia, presso il dipartimento del Lot, nella regione dell'Occitania, sorge Rocamadour un villaggio sacro costruito in verticale, a 120 metri sopra il Canyon dell’Alzou. Per entrare in questo “mondo fatato” si attraversa una delle quattro porte ad arco: le Porte du Figuier, grazie alla quale è possibile accedere alla strada principale del villaggio e alla faticosa scalinata che porta nel cuore del borgo. Una volta arrivati sul pianoro è possibile ammirare vecchie case di pietra, un castello, torri maestose e soprattutto edifici religiosi tra cui ad esempio: la Cappella di Notre-Dame, la Chiesa di Saint-Amadour (cripta), la Basilica Saint-Sauveur e la Cappella Saint-Michel. Infatti Rocamadour è nota per essere un villaggio sacro poiché, già nel medioevo, i pellegrini viaggiavano da tutta Europa per venire a pregare il santuario della Madonna Nera e le reliquie di Saint-Amadour. Inoltre il borgo è immerso nei boschi, circondato da piccoli paesini ma anche da voragini nel terreno. A tal proposito, a pochi chilometri dal borgo, è possibile scendere con l’ascensore a 35 metri di profondità nella cavità naturale chiamata l’Abisso di Padirac, che conduce poi a un complesso di grotte. Da qui si prende la barca per iniziare un viaggio sul fiume sotterraneo, ammirando le conformazioni più fantasiose fino alla stalattite gigante alta 60 metri, per poi proseguire a piedi alla Sala della Grande Cupola. Un’altra grotta da esplorare è quella delle Meraviglie. Essa fu stata scoperta nel 1920 nel giardino di una famiglia, ossia quando il padre e la figlia scivolarono in un buco. Quello che trovarono fu una grotta poco profonda e di modeste dimensioni, caratterizzata da spettacolari concrezioni cristalline. Inoltre vi sono incisi settanta disegni preistorici risalenti a più di 20.000 anni fa che raffigurano: mani, cavalli, stambecchi, leoni delle caverne e altri segni lasciati dai nostri antenati. Un viaggio davvero magico, all’insegna del sacro, della storia ma anche della natura.
SILENZIOSI “MONDI” SI NASCONDONO SOTTO IL “BOLLENTE” VULCANO ETNA, IN SICILIA. SONO LA GROTTA DEL GELO RIVESTITA DI GHIACCIO PERENNE E QUELLA DEL DIAVOLO CHE PARE CONDUCA ALL’INFERNO. L’ Etna sorge sulla costa orientale della Sicilia in provincia di Catania, è alto circa 3357 metri ed ha una superficie di 1200 chilometri quadrati. Questo “gigante” siciliano è lo stratovulcano attivo più alto d’Europa ed è diventato patrimonio UNESCO dal 2013. Sotto la sua superficie ritroviamo delle splendide grotte come quella di Serracozzo o dei Ladroni, anche se quella più nota è la Grotta del Gelo: una galleria di scorrimento ubicata sul versante settentrionale dell’Etna, ad una quota di 2045 metri. Essa viene considerata come uno dei ghiacciai più a sud d’Europa poiché all’interno di essa, c’è una massa glaciale perenne che coesiste con la lava del vulcano. I visitatori possono ammirare un paesaggio sotterraneo mozzafiato fatto di pavimenti, rocce e numerose stalattiti e stalagmiti rivestite di ghiaccio, a volte saldate tra loro fino a creare “colonne e festoni”. Tra l’altro nel 2018 due fratelli escursionisti scoprirono un'altra cavità simile ribattezzandola Grotta Polare perché ancora più fredda e ricca di quella del Gelo. Ma sono anche consapevoli che questa potrebbe non essere l’unica grotta di questo tipo. Oltre a queste insolita caverna, vi è anche quella più misteriosa e terrificante chiamata la Grotta del Diavolo. Essa si presenta con uno strano percorso caratterizzato da forme e disegni inquietanti, che fanno pensare ad una ipotetica strada che conduce ad un mondo infernale. Infatti, in età medievale, l’Etna era considerato come un ingresso per l’inferno, popolato da diavoli, anime dannate e streghe. Nello specifico il cronista Niccolò Speciale, vissuto nel XIV secolo, affermò di aver visto i diavoli uscire dal cratere durante l’eruzione del 1329 e di averli sentiti predicare orribili storie. Oppure lo storico Anton Giulio Filoteo de Amodeo, del XVI secolo, sostenne che delle anime dannate, trasformate in macigni di ghiaccio sulla cima dell’Etna, rotolarono a valle e caddero in mare inghiottiti per l’eternità. Un luogo bizzarro ma che vale la pena di visitare.
UN BORGO “PERFETTO” GIACE TRA LE VERDI COLLINE DELLA VAL NURE, A PIACENZA. È GRAZZANO VISCONTI CHE TRA EDIFICI “MEDIEVALI”, CHIESETTA “GOTICA” E PARCO LABIRINTICO, TRASPORTA I VISITATORI IN UN MONDO IRREALE. A circa quindici chilometri da Piacenza, nella frazione del comune di Vigolzone, si trova un borgo in stile medievale chiamato Grazzano Visconti. In una possibile visita, intrufolandosi tra le vie ed edifici, forse ci si accorge che c’è qualcosa che non va, che non quadra. La località di Grazzano venne menzionata per la prima volta in documenti risalenti agli anni intorno al Mille mentre il castello fu costruito nel 1395, forse sui resti di una struttura preesistente, da Giovanni Anguissola a seguito del matrimonio con Beatrice Visconti. Nel corso dei secoli successivi il borgo ed il castello furono luogo di importanti battaglie e tristi avvenimenti, tra cui l’incendio del 1521 che distrusse l’intero villaggio. Il fortilizio tornerà, per via ereditaria, ai Visconti di Modrone nel 1870 e nel 1901 Guido Visconti donò il castello al figlio Giuseppe Visconti. Fu proprio quest’ultimo che ordinò di riedificare il borgo in stile medievale ma con tutti i confort dell’epoca moderna. In particolare fece costruire nuovi alloggi, scuole d’arte e dei mestieri, un asilo per i bambini, il teatro, laboratori e botteghe. In apparenza questo villaggio può sembrare un “tarocco storico” ma in realtà, per il conte, era il suo mondo perfetto. Se ci addentriamo nel borgo è possibile visitare ad esempio: la Statua dell’Angelo, Chiesetta “gotica”, Cortevecchia, Museo delle Cere e delle Torture, Fontana del Biscione, il Palazzo dell’Istituzione, Chiesa Parrocchiale SS Cosima e Damiano e il castello citato pocanzi. All’esterno di quest’ultimo edificio si estende il parco che ospita la chiesetta, lo studio del duca, il belvedere, il labirinto e diversi esemplari di alberi secolari. Quello che rende Grazzano Visconti ancora più suggestivo è un fantasma che, secondo la leggenda, vaga tra il parco e il castello. Si chiama Aloisa, sposa di un capitano di milizia, che fu tradita e abbandonata dal marito e per questo morì di gelosia e di dolore. Per consolare il suo spirito c’è l’usanza di offrirle dei fiori e dei piccoli omaggi.
STRANI OGGETTI SONO ADAGIATI SUL FONDO DELL’OCEANO PACIFICO, AL LARGO DELLA COSTA DELLA PAPUA NUOVA GUINEA! SONO DELLE SFERE METALLICHE CHE POTREBBERO ESSERE DI ORIGINE ALIENA. Nel giugno del 2023 una spedizione scientifica del Galileo Project guidata dall’astrofisico Avi Loeb dell’Università di Harvard portò alla luce delle piccole sfere di metallo dal fondo dell’Oceano Pacifico, al largo della costa della Papua Nuova Guinea. La ricerca era stata avviata perché il professore voleva recuperare i presunti frammenti di una meteora ribattezzata come Meteor 1 (IM1) che, attraversando i nostri cieli, cadde sulla Terra nel 2014. Esse furono raccolte grazie ad una piastra magnetica trainata da una nave mentre e al microscopio appaiono di colore oro, nero, blu e marrone, con un diametro compreso tra 0,05 e 1,3 millimetri. La loro composizione chimica è insolita, mai vista prima, alimentando l’idea che provengano da un altro sistema solare. Nello specifico su 700 sferule trovate, 5 di esse contengono un'alta percentuale di berillio (Be), lantanio (La) e uranio (U), etichettato come composizione “BeLaU”. L’astrofisico ha ipotizzato che le sferule potessero essere non solo la prova che un oggetto interstellare schiantato sulla Terra ma che siano anche “parti di tecnologia aliena”. Una supposizione simile a quella proposta dal prof. nel 2017 per il noto oggetto interstellare: Oumuamua, secondo cui è una sonda aliena autonoma simile a una vela solare. La comunità scientifica, però, non è d'accordo sulle interpretazioni fatte dall’astrofisico riguardo alle sfere. Ad esempio Peter Brown, uno specialista di meteoriti presso l'Università dell'Ontario Occidentale in Canada, sostiene che queste sfere metalliche non siano necessariamente da associare al meteorite del 2014. Molti detriti si sono accumulati sul fondo marino nel corso di milioni di anni a causa dei meteoriti che rilasciano piccoli pezzi di metallo fuso mentre passano sopra di noi. Tra l’altro, come sostiene l’esperto, non ci sono delle prove plausibili che tali frammenti rappresentino una tecnologia aliena e nessuna conferma fino ad oggi che dei meteoriti interstellari che si sono schiantati sulla Terra.
UN MISTERIOSO MINERALE FU SCOPERTO NEL 1990 IN SIERRA LEONE, IN AFRICA: È LA SKYSTONE UNA PIETRA PROVENIENTE DAL CIELO, DI COLORE BLU, MOLTO LEGGERA CHE SEMBRA FATTA DI MATERIALE SINTETICO. Nel 1990 Angelo Pitoni, geologo per la Fao, botanico e agronomo dilettante, scopritore di miniere di smeraldi ed esperto di lapislazzuli, fu in Sierra Leone, nell’Africa occidentale, per valutare la consistenza di alcuni giacimenti di diamanti. In questo luogo lo studioso fece una singolare scoperta: egli trovò una pietra di colore bluastro con sottili linee bianche sulla sua superficie, simili a sottili “nuvole”, leggera per le sue dimensioni. Secondo le leggende locali si narra che una antica civiltà di angeli era talmente corrotta che Allah fece precipitare sulla Terra: questi ultimi, la volta celeste e le stelle, tra cui una pietra azzurro cielo. Il racconto sembrava essere la versione africana del misterioso “Libro di Enoch” che, agli occhi dei nativi, spiega solo il motivo per cui la zona è ricca di minerali e diamanti. Così dopo che il geologo riuscì a prelevare alcuni campioni della pietra, li inviò per farli analizzare dall’università di Ginevra, di Roma, di Utrecht, di Tokyo e di Freiberg. Per Pitoni, dai risultati emersi, la pietra azzurra non dovrebbe esiste in natura. La sua composizione è oltre il 77% di ossigeno mentre la restante percentuale è divisa tra carbonio, silicio, calcio, sodio e fa pensare ad un prodotto sintetico, non ad una pietra. Quanto alla datazione, si ritiene che il composto organico presente nella pietra, sia compreso tra 15.000 e 55.000 anni. L’archeologo dottor Roberto Volterri ha effettuato delle analisi su tale campione mediante il Microscopio Elettronico a Scansione (SEM), collegato all’apparato per Microanalisi a Dispersione di Energia (EDS). I risultati non sono del tutto coincidenti con quelli riportati in rete e rivelano che l’abbondanza di ossigeno (43,35%), è dovuta alla presenza di ossidi vari. Se dunque alcuni ricercatori credono che la pietra blu sia un artefatto proveniente dall’universo, prodotto da una antica civiltà avanzata, allora è possibile proporre anche altre ipotesi; poiché ancora oggi questo minerale rimane un mistero.
TRA LE AVVENTUROSE ISOLE DELL’OCEANO ATLANTICO ECCO MADEIRA CHE TRA: FIABESCHE CASETTE E FORESTE INCANTATE, FORSE CUSTODISCE UNO DEI CHIODI DELLA CROCIFISSIONE DI CRISTO. Madeira è un piccolo arcipelago di origine vulcanica appartenente al Portogallo, situato nell’Oceano Atlantico, tra Lisbona e Marocco e le isole Canarie e Santa Maria, nelle Azzorre. Essa è conosciuta per la sua natura incontaminata, le sue spiagge paradisiache, piscine naturali e anche affascinanti paesini. Vediamo alcuni luoghi caratteristici. 1. In particolare l'isola è ricca di sentieri di montagna dove è possibile percorrerli costeggiando i levades, ossia canali di irrigazione costruiti a partire dal XVI secolo per trasportare l'acqua da nord a sud. 2. Santana è un villaggio fatto di casette colorate che hanno la forma tipica di una capanna. Come si può notare i tetti sono fatti di paglia poiché, oltre ad essere un materiale molto leggero, assicura una buona temperatura interna in una zona molto umida. 3. Giardino tropicale di Monte Palace conserva molti esemplari di piante esotiche provenienti da vari Paesi del mondo ed è decorato da elementi in stile orientale. Come ad esempio: due grandi cani Fo (sculture mitiche della cultura cinese); piccole pagode; sculture buddiste e pittoreschi laghi popolati di carpe Koi. 4. La fiabesca foresta Fanal si spande su un'altitudine che va dai 300 ai 1400 metri d'altezza. La particolarità è che gli alberi centenari hanno forme insolite e grottesche avvolte da una quasi perenne nebbia, creando un’atmosfera surreale. 5. Ilheu da Pontinha è un promontorio dove, durante gli scavi archeologici condotti dall’archeologo Bryn Walters, si scoprì una tomba di tre antichi cavalieri templari, con le loro spade e uno scrigno contenente un chiodo usurato, lungo 10 cm e risalente al I° secolo d.C. Dopo diversi esami effettuati su quest’ultimo reperto, lo studioso azzardò l'ipotesi che potesse trattarsi di un chiodo con il quale era stato crocifisso Gesù anche se ancora oggi non è stata accertata l'autenticità. Quindi l’isola di Madeira non è solo conosciuta per la sua natura incontaminata ma anche per essere l'isola del chiodo di Gesù Cristo.
PER ALCUNI Può ESSERE UNA PRIGIONE, PER ALTRI UN GIOCO D’AMORE O UN MODO PER SCOPRIRE Sè STESSI. SONO I LABIRINTI: LUOGHI IPNOTICI DOVE È FACILE PERDERE IL SENSO DELL’ORIENTAMENTO. Il labirinto è da sempre un luogo affascinante, carico di mistero e di simbologia ed è presente in civiltà, luoghi e religioni diverse. Esso compare, ad esempio, nel mito di Cnosso il quale venne interpretato come una prigione, oppure nel medioevo che si pensava fosse la via di un pellegrinaggio, o nella massoneria che rappresenta la ricerca della verità attraverso un cammino lungo e difficoltoso. A prescindere dalle varie interpretazioni il dedalo risulta essere tutt’oggi attuale più che mai. In Italia troviamo, ad esempio, il labirinto più difficile del mondo e precisamente a Stra in provincia di Venezia, nel parco della Villa Pisani edificata dal 1721 al 1756. La sua struttura è a nove cerchi concentrici e al centro vi è una torretta, con una doppia scala elicoidale, alla cui sommità è stata collocata la statua di Minerva. Questa creazione veniva utilizzata per mettere in scena una caccia al tesoro amorosa. In particolare sopra la torre vi era la dama con indosso una maschera per celarne il volto, che aspettava l’arrivo del cavaliere una volta districato dalle vie ingannevoli del dedalo. Sempre in Italia troviamo il labirinto più grande del mondo, per ampiezza, ubicato a Fontanellato (Parma), ideato dal 2005 al 2015, nella proprietà̀ di Franco Maria Ricci. Esso è chiamato il Labirinto della Masone ed è stato compiuto con quasi trecentomila piante di bambù̀ di specie differenti. Ha una pianta a forma di stella che si estende su sette ettari intorno a un quadrato centrale ed è stato realizzato ispirandosi ai percorsi geometrici raffigurati nei mosaici romani. Mentre il labirinto più lungo del mondo si chiama Longleat Hedge Maze e si trova vicino al villaggio di Horningsham, nel Wilshire, in Inghilterra. È stato progettato nel 1975 con oltre 16000 siepi di tasso che percorrono una lunghezza di 2,75 chilometri. Esse sono alte due metri e mezzo poiché lo scopo è quello di non permettere ai visitatori più alti di orientarsi. Non si può barare: ogni aiuto è vietato anche quello del GPS sullo smartphone.
SOTTO LA TRAFFICATA SUPERFICIE DI UNA ANTICA CITTA’ SI CELA UN’OSCURA VITA SOTTERRRANEA. È ORVIETO CHE CON I SUOI LABIRINTI, POZZI E SCALETTE SEMBRA DI TORNARE INDIETRO NEL TEMPO. Orvieto si trova sulla cima di una roccia di origine vulcanica, composta da tufo e da pozzolana. Su questo altopiano l’uomo si è insediato ed ha costruito non solo in superficie, ma ha anche scavato nel sottosuolo. In particolare sono state contate 1200 cavità sotterranee di origine artificiali e realizzate dall’età etrusca fino a quando furono utilizzati come rifugio durante la seconda guerra mondiale. Vediamo alcune parti della città ipogea. 1. Pozzo di San Patrizio (in origine chiamato Pozzo della Rocca) è stato costruito tra il 1527 e il 1537 per volere di papa Clemente VII allo scopo di fornire l’acqua alla città in caso di assedio. Poi nel XVIII secolo, prese il nome di San Patrizio forse perché era usato come luogo d’espiazione dei peccati, in analogia alla cavità sotterranea irlandese, denominata “Purgatorio di San Patrizio”, presso l’isola del lago Lough Derg. Caratteristici sono le sue 72 finestre, che creano giochi di luce e la doppia rampa elicoidale utilizzata dalle bestie da soma per il trasporto dell’acqua; 2. Pozzo della Cava, di origine etrusca, ha una forma cilindrica le cui pareti riportano le “pedarole” ossia solchi scavati nella pietra per inserire mani e piedi consentendo la discesa e la risalita; 3. Orvieto underground ovvero una città sotterranea, fatta di innumerevoli cavità, scalette e stretti cunicoli che si intersecano e si accavallano sotto il tessuto urbano. In questo complesso gli abitanti di Orvieto svolgevano, fin dall’età etrusca, varie attività di vita quotidiana. Molto particolari sono alcune pareti caratterizzate da tanti fori che venivano usati per allevare colombi a scopi alimentari; 4. Labirinto di Adriano è un altro complesso sotterraneo dove è possibile vedere un tronco fossile, dei silos etruschi, alcuni pozzi, butti. Fu chiamato “labirinto” per la sua conformazione mentre il nome appartiene a uno dei proprietari del negozio sovrastante, che lo scoprì durante i lavori di ristrutturazione. Un viaggio unico dove sembra di tornare indietro nel tempo.
FIABESCHE COSTRUZIONI SI AFFACCIANO NELLA VALLE D’ITRIA, IN PUGLIA. SONO I TRULLI CHE, SUI “TETTI” CONICI, MOSTRANO UN CODICE FATTO DI SIMBOLI PREISTORICI, MAGICI E RELIGIOSI. I trulli sono tipiche costruzioni coniche in pietra a secco che si trovano buona parte ad Alberobello, un paese incastonato nella Valle d’Itria e nella Murgia dei Trulli, tra le province pugliesi di Bari, Brindisi e Taranto. Essi sono un perfezionamento del modello preistorico delle thòlos, presenti in varie zone d'Italia e del Mediterraneo mentre i trulli forse iniziarono ad essere costruiti nel XVI secolo. Essi venivano usati dai contadini come ricoveri temporanei nelle campagne o come abitazioni. Hanno la peculiarità di essere calde in inverno e fresche in estate e sono facili sia da costruire sia da “smontare”, grazie alla pietra carsica presente nel sottosuolo. In particolare, quando gli esattori spagnoli, inviati dal Regno di Napoli, si avvicinavano per riscuotere la pesante tassa su ogni nuova abitazione, non vedevano mai nulla di integro e correttamente edificato. Inoltre una caratteristica di queste strutture è che alle sommità si trovano dei pinnacoli di varie forme: a disco, tetraedrici, cuneiformi, cruciformi, stellati. Ma l’aspetto più misterioso risiede nelle chiancarelle che, formando il singolare tetto autoportante, si possono osservare strani simboli, tra cui: preistorici, cristiani e magici. Ad esempio: la testa di cavallo rappresenta il lavoro; il cane la famiglia; il gallo la vigilanza e l’aquila l’anima che aspira al cielo. Vi sono poi dei simboli astrologici, che vanno dai segni zodiacali a quelli planetari, tra cui: Cancro, Leone e Bilancia sono un augurio di buona fortuna; Pesci per proteggersi dai fulmini; Sagittario contro l’ira divina; il Sole è simbolo di vita spirituale e materiale; la Luna di protezione durante la notte mentre la croce cristiana per proteggere il trullo dal Maligno. Altri simboli, invece, sono stati scelti in base alla fantasia del proprietario della struttura. Si tratta, quindi, di una sorta di codice che non è impresso sui libri o pergamene ma su pittoresche costruzioni dal fascino fiabesco.
UN MISTERIOSO FENOMENO SI AGGIRA NELL’AFFASCINANTE VALLE DELLA MORTE. SONO LE SAILING STONES OVVERO PIETRE MOBILI CHE, SPOSTANDOSI DA SOLE, LASCIANO DIETRO DI SÉ LA LORO SCIA. Nel parco nazionale della Valle della Morte, in California vi è la Racetrack Playa, ossia un letto di un antico lago fatto di fango asciutto, lungo 4,5 chilometri e largo 2 chilometri, situato 1130 metri sopra il livello del mare. La sua superficie è piatta ed è occupata da rocce conosciute come “pietre mobili” o “sliding rocks” o “sailing stones” di cui alcune sono piccole come palle da baseball mentre altre arrivano a pesare più di 300 chili. La particolarità di tali rocce è che si spostano da sole senza l'intervento di uomini o animali, lasciandosi dietro di sé delle scie ben visibili. Nello specifico le pietre che presentano la parte inferiore ruvida compiono percorsi rettilinei, mentre le pietre che presentano la parte inferiore liscia tendono a deviare la loro traiettoria. Sono tracce enigmatiche che da decenni hanno interrogato studiosi e scienziati suggerendo diverse ipotesi tra cui: forti venti di tempesta, inondazioni, diavoli di polvere, calotte glaciali e pellicole di alghe. Per capire meglio le dinamiche del fenomeno, nel 2011 un gruppo di geologi guidati da Richard Norris avevano “introdotto” nella Racetrack Playa 15 massi equipaggiati con unità GPS attivati dal movimento, monitorati da una stazione meteo e telecamere time-lapse. Dopo 2 anni di attesa i ricercatori hanno compreso che le rocce si spostano solo in specifiche condizioni. La Playa deve essere ricoperta di uno strato d'acqua piovana (o di neve sciolta) abbastanza alto da ghiacciare d'inverno, e abbastanza basso da lasciare le rocce scoperte. Quando di notte il termometro cala e la superficie dell'acqua congela, il ghiaccio deve avere uno spessore di 3-6 millimetri, ossia sufficientemente sottile da rompersi facilmente ma spesso da riuscire a spingere una roccia. Al calore del sole il ghiaccio si rompe in grandi pannelli fluttuanti, che trascinati dal vento, circa 15 km/h, si muovono su quel poco di acqua e fango, spingendo le rocce lungo la Playa. I massi, a contatto con la terra, graffiano la superficie del suolo lasciando dietro di sé le famose scie.
NEL CUORE DELLA CITTA’ ETERNA UN COLOSSALE EDIFICIO ERA USATO PER I COMBATTIMENTI TRA GLADIATORI, BATTAGLIE NAVALI ED EVOCAZIONI DEMONIACHE. È IL COLOSSEO, DOTATO DI UN SUO CLIMA E LAGHETTI SOTTERRANEI. Situato nel cuore della città di Roma, il Colosseo è un edificio di forma ellittica, lungo 189 metri, largo 156 metri, per un'altezza di oltre 48 metri. Fu edificato dall’imperatore romano Tito Flavio Vespasiano che diede inizio alla costruzione nel 72 d.C. e poi inaugurato dal figlio Tito nell’80. L’edificio poteva contenere 50 mila persone e di solito era destinato ai combattimenti, ai giochi tra i gladiatori, alle simulazioni di caccia, ma anche alle naumachie ossia simulazioni di battaglie navali che richiedeva di riempire d’acqua l’arena per circa sette ore. In origine tale monumento era conosciuto come Anfiteatro Flavio e solo nel medioevo fu chiamato “Colosseo". La teoria più accreditata è che si chiamasse così poiché fu edificata, a pochi metri di distanza, la colossale statua raffigurante Nerone. Mentre, secondo una leggenda, l’edificio era un tempio dedicato al demonio e alla fine di ogni cerimonia i sacerdoti domandavano agli adepti: “Colis eum?”, ovvero “Adori lui?”. Ma già al tempo dei gladiatori il Colosseo godeva di una fama sinistra fino a essere ritenuto, nel medioevo, una delle 7 porte dell'inferno forse perché vi morirono brutalmente molte persone. Mentre nel Cinquecento maghi e stregoni pare che apprezzassero le erbe dai poteri magici che crescevano tra le sue rovine. In effetti da alcuni secoli gli esperti di botanica hanno rilevato più di 350 specie diverse di piante di cui alcune rare ed esotiche, la cui crescita è favorita grazie al microclima dell'anfiteatro. Non dimentichiamo inoltre che a fianco dell’edificio, si possono trovare dei laghetti sotterranei. In particolare sotto le fondamenta del convento dei Padri Passionisti, intorno al I secolo d.C., si ergeva un santuario dedicato all’Imperatore Claudio. Qui è stato rinvenuto un labirinto fatto di laghetti che scorrono per oltre due chilometri, la cui temperatura rimane costante a circa 12 gradi e l’acqua, dalle analisi effettuate, è risultata pura e cristallina.
STRANI MISTERI SI AGGIRANO NELL’ANTICO TEMPIO DI MONTELIRIO, A SIVIGLIA: VENTI SACERDOTESSE AVVELENATE DAL MERCURIO E UN INCREDIBILE PUGNALE DI CRISTALLO DI 5000 ANNI FA. Nella provincia di Siviglia, in Spagna, a Valencina de la Concepción, si trova Tholos de Montelirio ossia una costruzione megalitica, scoperta nel 1868 e datata tra il 3000 e il 2.800 a.C. Essa è formata da un "corridoio" a cielo aperto lungo circa 40 metri che conduce a due camere sotterrane tra cui quella principale era ricoperta da una patina rossa di cinabro e ornata da motivi solari. La ricerca dell'Università di Siviglia ha sostenuto che durante il solstizio d'inverno, per alcuni minuti il sole si insinuava nel corridoio d’ingresso e illuminava la camera funeraria colpendo una stele che rappresentava la Dea Madre. Sempre all’interno di questa stanza sono stati trovati venti scheletri (15 donne e 5 individui forse di sesso femminile) vestite con abiti intrecciati da migliaia di perle e da pendenti d'avorio e d’ambra. I corpi forse appartenevano alle sacerdotesse del tempio e, da un’indagine condotta dal professor Sanjuán dell’Università di Siviglia, rivela che queste ultime erano tutte morte a causa di livelli molto elevati di mercurio. Si ritiene che ciò fosse causato o dalla loro continua esposizione al cinabro, contenente appunto mercurio, o dal fatto che la loro pelle fosse dipinta con questo minerale. Inoltre le loro ossa presentano condizioni tipiche di artrite e artrosi che, data la loro giovinezza, indicano che camminavano molto o erano “danzatrici". Tra il 2007 e il 2010 i ricercatori hanno rilevato, tra i vari manufatti, un pugnale di cristallo di rocca, lungo 21,6 centimetri, risalente a 5000 anni fa, con il manico in avorio decorato da numerose perle discoidali. Pare che i manufatti fossero dedicati ad una élite anche se non attribuibili ad una singola persona ma ad un uso più collettivo. Oltre al pugnale sono state rinvenuti pezzi di avorio intagliato, una lamina d’oro e 25 punte di freccia di cristallo di rocca. Per gli studiosi il cristallo di rocca, così come il quarzo e alcune materie prime, simboleggiavano vitalità, poteri magici e una connessione con gli antenati.
DALLE “COLONNE D’ACQUA” CHE FUORIESCONO DA ROCCE COLORATE ALLE “FONTANE NERE” CHE SPUNTANO DAL PIANETA MARTE. SONO I GEYSER: LA POTENZA DEL SOTTOSUOLO CHE ESPLODE IN SUPERFICIE. I geyser sono dei fenomeni appartenenti al cosiddetto vulcanismo secondario, cioè tutte quelle attività legate alla presenza di vulcani ormai non più eruttivi, ma dei quali rimane la camera magmatica. In particolare anche se non vi sono più fuoriuscite del magma, raffreddandosi, danno luogo ad altri tipi di fenomeni come le sorgenti termali, le solfatare, i soffioni boraciferi e, appunto, i geyser. Se ne trovano dislocati un po’ in tutto il mondo e alcuni di questi sono davvero scenografici. Uno dei più famosi è lo Strokkur, in Islanda, poiché erutta con regolarità circa ogni 4-8 minuti, oltre 30 metri di altezza, e la temperatura dell'acqua sotterranea si aggira intorno ai 120°C. Altro esempio è il Fly geyser che si trova nel Black Rock Desert, nel Nevada, Stati Uniti, la cui formazione non è naturale ma artificiale, dovuta ad un errore dell’uomo che aveva perforato quella zona per cercare l’acqua. Esso è formato da tre colonne rocciose dai colori sgargianti, alto circa 1,8 metri. La temperatura della sua sorgente è di circa 93°C e l’acqua ha un getto di circa 1,5 metri d’altezza ma in modo costante, a differenza dei geyser naturali che invece è ciclica. Sempre negli Stati Uniti, tra le foreste dello Yellowstone National Park, vi è il famoso l'Old Faithful, che spruzza ad intervalli di 65-92 minuti, ad una temperatura dell'acqua sotterranea di circa 204°C. L’intera area geotermale ospita ben 400 geyser e per questo gli esperti hanno ipotizzato che nel sottosuolo ci sia un enorme caldera che potrebbe esplodere all’improvviso con conseguenze devastanti. Anche al polo sud del pianeta Marte esistono dei geyser, rilevati grazie alla telecamera orbitante Themis. Essi sembrano delle fontane nere, capaci di “sparare” sabbia e polvere fino a un’altezza di 60 metri, con una velocità di 160 km/h. Secondo gli scienziati, essi sono formati da anidride carbonica che, congelata nel sottosuolo, si convertirebbe in gas di alta pressione in grado di rompere il ghiaccio e formare dei giganteschi geyser.
STRANI OGGETTI SI INTRAVVEDONO TRA LE LUSSUREGGIANTI FORESTE DEL COSTA RICA! SONO LE SFERE DI PIETRA QUASI PERFETTAMENTE ROTONDE E REALIZZATE DA UN ANTICO POPOLO. Nel Costa Rica, più precisamente nell'area del delta del Diquís e sull'Isla del Caño vi sono 300 misteriose petrosfere, ossia delle sfere in pietra note come "Las Bolas". La loro scoperta risale agli anni '30 del Novecento quando alcuni operai della multinazionale americana United Fruit Company che stavano per piantare degli alberi di banano, incapparono in numerose palle di pietra quasi perfettamente rotonde. Esse sono di varie dimensioni: da pochi centimetri a oltre 2 metri di diametro. Buona parte sono ricavate dal solido granodiorite e dal gabbro, ovvero da rocce magmatiche e alcune di esse arrivano a pesare fino a 15 tonnellate. Grazie al metodo della stratigrafia si ritiene che queste curiose sfere potrebbero risalire tra il 600 d.C. e il 1500 d.C., poco prima dell’arrivo degli spagnoli. Nonostante abbiamo qualche informazione, ancora oggi le petrosfere sono avvolte dal mistero. Ad esempio: come sono riusciti gli autoctoni a creare delle pietre quasi perfettamente rotonde? Secondo una leggenda locale i nativi possedevano una particolare sostanza liquida, ricavata da una pianta, in grado di rendere la pietra morbida e facile da modellare. Per altri studiosi le sfere, invece, sarebbero dei resti dell’antica cultura atlantidea mentre per la scienza forse furono realizzate utilizzando altre rocce per definire la forma per poi levigarle con una miscela di acqua e sabbia. Inoltre sarebbe interessante sapere: perché sono state create? Ebbene pare che avessero diverse funzioni a seconda dell’area su cui erano presenti. Ad esempio le più piccole venivano poste su bassi tumuli funerari mentre altre erano allineate in linee rette o curve o su linee triangolari, forse venivano usate per compiere rituali magici. Di recente in alcune ricerche svolte, sotto la direzione degli archeologi del Museo Nacional de Costa Rica, è emerso che la datazione di alcune superfici e parti interne di alcune sfere è tra il 5.000 - 4.000 a.C. Un dato che infittisce ancora di più il mistero sull'origine degli elementi sferoidali.
DALLA CITTA’ DI GOLCONDA, IN INDIA, UN GIOIELLO CHIAMATO “SPERANZA” SI INSINUA TRA LA NOBILTA’ EUROPEA. È IL MALEDETTO DIAMANTE HOPE CHE PORTEREBBE SFORTUNA A CHIUNQUE LO POSSEGGA. Nel 1688 presso la miniera Kollur della città antica di Golconda, in India, un mercante francese Jean-Baptiste Tavernier acquistò un gioiello di colore blu dai riflessi viola. Secondo una leggenda lui rubò la gemma dall’occhio della statua del Dio Rama-Sitra scatenando l'ira della divinità, che maledisse il diamante e coloro che l'avrebbero posseduto. Tavernier lo vendette a re Luigi XIV, guadagnando una notevole somma che poi la perse perché il figlio aveva il vizio del gioco. Intanto sia per il nuovo proprietario sia per il suo successore, Luigi XV, la “maledizione” non tardò ad arrivare così che il primo sovrano morì per cancrena mentre il secondo per vaiolo. Il gioiello fu poi indossato anche da Maria Antonietta di Francia che nel 1793 venne decapitata dai rivoluzionari e in seguito anche suo marito, Luigi XVI. Dopo la rivoluzione francese del diamante si persero le tracce e riapparve a Londra quasi vent’anni più tardi, prendendo il nome dal suo nuovo proprietario: il banchiere Henry Philip Hope. L’uomo si separò dalla moglie, ma la pietra rimase al nipote, Lord Francis Hope che, pieno di debiti, fu costretto a venderla a dei mercanti. Nel 1908 la gemma divenne di proprietà del sultano Abdul Hamid II che la acquistò per 400.000 dollari e poco dopo finì i suoi giorni in miseria. Il proprietario successivo fu il celebre Pierre Cartier che lo rivendette a Edward Beale McLean, proprietario del Washington Post, il quale subì una serie di devastanti lutti: dalla suocera ai due figli finendo per separarsi dalla moglie. L’ultimo proprietario del gioiello fu Harry Winston, che lo donò nel 1958 allo Smithsonian Institute di Washington, dove tutt’oggi è custodito. In conclusione le informazioni relative a questa maledizione non sempre sono chiare e precise, soprattutto riguardo l'origine della storia del diamante. Tra l'altro non ci sono prove che l’oggetto indossato abbia potere sulla vita e sulla morte delle persone.
DAL TRIBUNALE DOVE INQUISIVANO LE PERSONE AL PRIGIONIERO CHE INCISE SIMBOLI MASSONICI E ALCHEMICI. SONO LE TORMENTATE CRONACHE CHE SI AGGIRAVANO A NARNI(A), IN UMBRIA. In provincia di Terni si trova la città medievale chiamata Narni (Narnia in latino), il cui nome ha dato vita al romanzo “Le Cronache di Narnia. Il leone, la strega e l’armadio” scritto da C.S. Lewis. Questo incantevole borgo ha più di 2000 anni e faceva parte dell’impero romano anche se, dai ritrovamenti in località Molino di Passatore e quelli nella Grotta dei Cocci, si suppone che la zona fosse già abitata in età preistorica e poi in quella del Bronzo. Per entrare in questo mondo fatato si deve attraversare la Porta delle Arvolte e dopo è possibile ammirare il centro storico con i suoi palazzi medievali e reperti storici ben conservati, tra cui: la Rocca Albornoz; la Cattedrale di San Giovenale; Palazzo e Piazza dei Priori; Museo Eroli e l’antico complesso del Convento di San Domenico dal quale è possibile accedere ai sotterranei! In quest’ultima parte si può ammirare un impianto romano con acquedotto chiamato Cisterna del Lacus, una grande sala dove avvenivano gli interrogatori del Tribunale dell’Inquisizione (Stanza dei Tormenti) e una cella ricca di graffiti realizzati dai reclusi. In particolare, il prigioniero Giuseppe Andrea Lombardini, caporale delle Guardie del Sant’Uffizio di Spoleto, trascorse nella cella circa 90 giorni (tra il 1759 e il 1760) e tappezzò le pareti e il soffitto di incisioni, disegni, simboli, scritte e lettere, riconducibili alla massoneria e all’alchimia. Il detenuto realizzò su quei muri un racconto spirituale, un percorso intimo e simbolico che, ai nostri occhi, giunge come un’opera d’arte “magica”. La leggenda vuole, inoltre, che il suo fantasma aleggi ancora nella cella e nei sotterranei. Infine, a poca distanza dal borgo, è possibile visitare anche le Mole di Narni, a ridosso delle Gole del Nera, vicino a Stifone. Nella stretta valle in cui scorre il fiume si è creata una piscina naturale dalle stupende sfumature turchesi e smeraldo. Ma attenzione a immergersi perché si corre il rischio di essere inondati dall’acqua rilasciata dalla centrale idroelettrica vicina.
STRAVAGANZE POST MORTEM SI MANIFESTANO IN GIAPPONE: SONO LE TOMBE A FORMA DI BUCO DI SERRATURA, UNO DEI MODI CHE PERMETTEVA AGLI IMPERATORI DI “ANDARE” NELL’ALDILA’. Nel periodo Kofun, tra la metà del III e il IV secolo d.C., si sviluppò una “moda” in ambito funerario, ossia quella di seppellire i membri della nobiltà giapponese in grandi tumuli chiamati “kofun”. Questi ultimi hanno assunto varie forme nel corso del tempo, come quelle circolari, rettangolari e quadrate. Ma quella più sorprendente è la conformazione somigliante a un buco di una serratura (zempo koen) rappresentato con un cerchio sopra ad un trapezio. In particolare l’ingresso avveniva tramite un pozzo verticale o un corridoio orizzontale che conduceva alla camera funeraria in genere di forma circolare. La parte anteriore, invece, era orientata verso il Sole nascente, poiché gli imperatori collegavano i tumuli all'origine mitica della loro dinastia. Di solito l’intera struttura era circondata da pozzi d'acqua o fossati per demarcare il limite tra mondo dei vivi e mondo dei morti. Mentre il corredo dei defunti comprendeva oggetti a loro cari, come le statuette in terracotta “haniwa” che venivano schierati per poter proteggere e delimitare l'area sacra. Ma fra alcune di queste grandi sepolture come il Tomio Maruyama Kofun, sull’isola di Honshu, è stato rinvenuto un reperto da record. Accanto a una bara in legno lunga 5 metri e ad un grande specchio, è stata rinvenuta una spada realizzata in bronzo, lunga 2,37 metri e larga 6 centimetri. La sua lama non è dritta ma ha un profilo sinuoso mentre le sue dimensioni e la sua forma peculiare hanno fatto capire agli studiosi che si trattava di un’arma da parata o processionale, non da combattimento. Rimane da capire perché alcuni tumuli li abbiano realizzati a buco di serratura. Alcuni studiosi sostengono che sia un’elaborazione giapponese delle tombe-palazzo della dinastia coreana Han (I° secolo d.C.). Per altri si tratterebbe di un’evoluzione dei tumuli risalenti al periodo Yayoi ossia un’epoca che precede quella Kofun. Queste tombe erano circondate da fossati e venivano chiamate “tombe quadrate a sommità piatta” ed erano diffuse nel Kinai, divenuto poi il luogo centrale delle tombe a serratura.