
Questa parte è dedicata alle curiosità, dove ti puoi addentrare in alcuni luoghi insoliti. Buon viaggio!

STRAVAGANZE POST MORTEM SI MANIFESTANO IN GIAPPONE: SONO LE TOMBE A FORMA DI BUCO DI SERRATURA, UNO DEI MODI CHE PERMETTEVA AGLI IMPERATORI DI “ANDARE” NELL’ALDILA’. Nel periodo Kofun, tra la metà del III e il IV secolo d.C., si sviluppò una “moda” in ambito funerario, ossia quella di seppellire i membri della nobiltà giapponese in grandi tumuli chiamati “kofun”. Questi ultimi hanno assunto varie forme nel corso del tempo, come quelle circolari, rettangolari e quadrate. Ma quella più sorprendente è la conformazione somigliante a un buco di una serratura (zempo koen) rappresentato con un cerchio sopra ad un trapezio. In particolare l’ingresso avveniva tramite un pozzo verticale o un corridoio orizzontale che conduceva alla camera funeraria in genere di forma circolare. La parte anteriore, invece, era orientata verso il Sole nascente, poiché gli imperatori collegavano i tumuli all'origine mitica della loro dinastia. Di solito l’intera struttura era circondata da pozzi d'acqua o fossati per demarcare il limite tra mondo dei vivi e mondo dei morti. Mentre il corredo dei defunti comprendeva oggetti a loro cari, come le statuette in terracotta “haniwa” che venivano schierati per poter proteggere e delimitare l'area sacra. Ma fra alcune di queste grandi sepolture come il Tomio Maruyama Kofun, sull’isola di Honshu, è stato rinvenuto un reperto da record. Accanto a una bara in legno lunga 5 metri e ad un grande specchio, è stata rinvenuta una spada realizzata in bronzo, lunga 2,37 metri e larga 6 centimetri. La sua lama non è dritta ma ha un profilo sinuoso mentre le sue dimensioni e la sua forma peculiare hanno fatto capire agli studiosi che si trattava di un’arma da parata o processionale, non da combattimento. Rimane da capire perché alcuni tumuli li abbiano realizzati a buco di serratura. Alcuni studiosi sostengono che sia un’elaborazione giapponese delle tombe-palazzo della dinastia coreana Han (I° secolo d.C.). Per altri si tratterebbe di un’evoluzione dei tumuli risalenti al periodo Yayoi ossia un’epoca che precede quella Kofun. Queste tombe erano circondate da fossati e venivano chiamate “tombe quadrate a sommità piatta” ed erano diffuse nel Kinai, divenuto poi il luogo centrale delle tombe a serratura.
NON FERMARTI, NON TOCCARE E NON ANNUSARE! STAI PER ENTRARE NEL POISON GARDEN, IN INGHILTERRA, IL GIARDINO PIU’ PERICOLOSO DEL MONDO CHE OSPITA PIANTE ASSASSINE! Nel 1995 Jane Percy divenne la duchessa della contea di Northumberland, ubicata nel nord dell’Inghilterra, acquisendo sia il castello di Alnwick (1096 d.C.) famoso per le riprese del film di Harry Potter, sia il giardino (1750) a cui è annesso. Per quest’ultima parte dell’eredità, il marito della duchessa le chiese di prendersene cura poiché da tempo era in stato di abbandono. Lei accettò la proposta ma lo fece in modo decisamente particolare. Al ritorno dal suo viaggio in Italia, Jane ispirata dal leggendario giardino dei veleni di Padova della famiglia de’ Medici, decise che avrebbe costruito il giardino più mortale del mondo, chiamandolo: Poison Garden. Fondato nel 2005, il suo ingresso è caratterizzato da un cancello di ferro nero decorato con teschi, ossa incrociate e una scritta che dice: "Queste piante possono uccidere". Un avvertimento serio poiché il terreno presente dietro a queste sbarre, ospita un giardino pieno di piante tossiche, inebrianti e narcotiche. In questa parte dell’area ce ne sono più di cento varietà. Vediamo alcuni esempi. L'aconito, o luparia o strozzalupi, contiene aconitina e la sua tossicità era nota fin dai tempi di Omero. Esso può intossicare un intero villaggio mettendo le sue radici in un pozzo. La brugmansia contiene alcaloidi ed è un incredibile afrodisiaco che veniva usato di solito nell'Inghilterra vittoriana da alcune ragazze. In particolare ne estraevano il polline e poi lo aggiungevano al loro tè per indurre allucinazioni simili a quelle dell’LSD. In quantità eccessive può essere mortale. L'elleboro, o la rosa di Natale, contiene la cardiotossina e la sua linfa è un forte irritante per la pelle. Il maggiociondolo contiene citisina e, se consumato in eccesso, provoca sonnolenza, vomito e coma. In passato era considerato una pianta magica. Il rododendro non avvelena solo gli esseri umani e i cani ma anche il terreno, facendo sì che in quella zona cresca solo la sua specie. In definitiva il Poison Garden è diventata un’attrazione turistica capace di attirare circa 600.000 turisti all’anno.
ARROCCATA SU UNO SPERONE DI ROCCIA A STRAPIOMBO SULLA VALLE DEL TREJA, A VITERBO, SORGE CALCATA: UN PICCOLO BORGO MEDIEVALE I CUI SOTTERRANEI NASCONDEVANO RITUALI DI STREGONERIA. Conosciuta con il suggestivo soprannome di “borgo delle streghe”, Calcata è un piccolo paese della Tuscia, in provincia di Viterbo che domina tutta la Valle del Treja. A causa della sua ubicazione, nel 1935 la roccia su cui poggia la parte vecchia del borgo fu ritenuta poco sicura e, per questo motivo, gli abitanti lasciarono le loro case per trasferirsi nella vicina Calcata nuova. Negli anni Sessanta del secolo scorso, però, alcune perizie hanno attestato la solidità della rupe. Per accedere al centro storico si entra da un’unica porta che si apre sulle mura e, oltrepassandola, sembra di fare all’improvviso un salto all’indietro nel tempo. Nello specifico si arriva a una piazzetta ornata da tre curiosi “troni” di tufo, dove si affacciano i due monumenti del paese: il Castello dell’Anguillara e la Chiesa del SS. Nome di Gesù. Da lì si snodano le viuzze del paese, dove le case si alternano alle botteghe degli artisti allestite in buie cantine, che rendono l’atmosfera del posto particolarmente fiabesca. A proposito di fiabe si dice anche che il sottosuolo di Calcata sia ricco di antiche energie e che nelle giornate molto ventose si possa udire il canto delle streghe e avvistare i loro famigli preferiti: ossia i gatti! Si narra, quindi, che questo antico borgo fosse stato in passato testimone di antichi riti magici, legati a culti astrali e compiuti anche nelle numerose grotte sotterranee. Non a caso, non troppo distante da Calcata, si scorgono i resti del tempio falisco “Monte li Santi”, che conferma ancora oggi la forte propensione verso il culto degli Dei. Esso è posto nel Parco Regionale Valle del Treja mentre nel complesso del Monte Gelato, ci sono ancora tracce di resti preistorici, di una villa romana del I secolo a.C., di un insediamento agricolo del VIII secolo d.C. e di un mulino ad acqua realizzato nell’Ottocento. Quindi Calcata e dintorni offrono uno spettacolo magico e non c’è da stupirsi che sia una delle mete predilette per trascorrere la notte di Halloween.
NELL’OSCURITA’ DELLE NOTTI ESTIVE, MILIONI DI STELLE BRILLANTI “NUOTANO” NEI MARI CRISTALLINI. È IL FENOMENO DELLA BIOLUMINESCENZA ATTIVATO DA UN MECCANISMO “QUASI DEMONIACO”. Sparse per il mondo ci sono delle spiagge che offrono uno spettacolo davvero straordinario caratterizzato da milioni di piccole stelle blu che illuminano l’acqua cristallina del mare. Ebbene non è una scena di un film di fantascienza bensì il cosiddetto fenomeno della bioluminescenza. In particolare, nelle onde marine ci sono delle alghe che prendono il nome di Noctiluca scintillans o scintillii di mare ossia fitoplancton che trasforma l’energia chimica in energia luminosa. Il meccanismo è dovuto dall’ossidazione di piccole molecole, chiamate LUCIFERINE (in latino lucifer: “portatore/portatrice di luce”) catalizzate da specifici enzimi: luciferasi e fotoproteine. I motivi per cui si attiva possono essere moltissimi tra cui ad esempio: per attirare una preda o per confonderla; se disturbato; per difendersi da potenziali predatori; per nascondersi meglio nell’ambiente circostante; per attaccare oppure per comunicare. Questo tipo di plancton è presente in tutte le acque, ma le concentrazioni variano con le stagioni e i luoghi, aumentando soprattutto d’estate. Ma dove possiamo osservare questo fenomeno? Ad esempio tra le acque del fiume Derwent in Tasmania (Australia) dove ospitano una fioritura di Noctiluca scintillans, anche noto come "fuoco di mare". Di giorno questa forma gelatinosa di fitoplancton tinge le acque di rosso mentre di notte, se disturbato dalla scia di una barca o da un banco di pesci, si "accende" di bagliori azzurri; Oppure a Vaadhoo (Maldive) le cui onde del mare si trasformano in un lembo di cielo stellato ma anche Mission Bay (California); Zeebrugge (Belgio); Norfolk (Gran Bretagna); Porto Selvaggio (Puglia), ecc. La bioluminescenza non è solo materia marina ma è anche sulla terraferma come nelle grotte di Waitomo Glowworm, in Nuova Zelanda, all’interno delle quali vi abita una popolazione di insetti, detti Arachnocampa, o anche GLOW-WORM, perché hanno la caratteristica di essere luminescenti come le lucciole. Uno scenario magico che diventa ancora più brillante quando queste larve hanno fame poiché, per attirare le loro prede, diventano più luminose!
TRA LE SABBIE DEL DESERTO DI CHIHUAHUA, IN MESSICO, A 300 METRI DI PROFONDITA’, GIACE LA GROTTA DEI CRISTALLI: UN LUOGO DAL FASCINO LUNARE MA DALLE TEMPERATURE INFERNALI. Poco distante dal villaggio minerario di Naica, nel pieno deserto dello stato di Chihuahua, in Messico, vi è la famosa Grotta dei Cristalli (Cueva de los Cristales) conosciuta per le sue splendide formazioni cristalline che le regalano uno scenario degno dei primi film di Superman! Il primo ritrovamento risale al 1910, ossia quando venne aperta la cosiddetta Grotta delle Spade (Cueva de las Espadas), ubicata a circa 120 metri di profondità, che custodiva cristalli lunghi più di 2 metri. In seguito nel 2000 scoprirono la seconda grotta di dimensioni più grandi detta appunto Grotta dei Cristalli, situata a 300 metri di profondità e probabilmente risalente a 26 milioni di anni fa. Come già anticipato, quest’ultima è adornata da enormi cristalli prismatici che si incastrano l’uno con l’altro creando un ambiente estremamente affascinante. Essi sono fatti di selenite ossia un tipo di gesso traslucido, detto anche “pietra di luna” perché ricorda appunto la luminosità lunare. Possono misurare fino a 11 metri di lunghezza e 2 metri di diametro, e pesare anche 50 tonnellate! Tutto sorprendente se non fosse che le condizioni all’interno della grotta sono infernali; impossibili per la sopravvivenza umana. Infatti, le temperature oscillano tra i 48° e i 60°C con un’umidità prossima al 100%! Per questo motivo gli studiosi che svolgono il lavoro di esplorazione all’interno della cavità sono costretti a indossare speciali tute “condizionate” munite di respiratori, molto simili a quelle spaziali, che permettono la permanenza per almeno un'ora. Nonostante il clima sia ostile, una recente ricerca ha rivelato il ritrovamento di batteri, in grado di vivere in condizioni ambientali estreme, rimasti intrappolate in questi giganteschi cristalli da almeno 50 mila anni. Da come si può capire la Grotta di Naica non è una meta turistica ma ci fa capire che anche in un luogo estremamente inospitale ci può essere comunque la vita.
“GIU’ LA MASCHERA E RIVELACI LA TUA VERA IDENTITA’!” IL MISTERO DELLA MASCHERA DI AGAMENNONE SCOPERTA A MICENE (GRECIA) I CUI BAFFETTI ALL’INSU’ RICORDANO “UN PO’ TROPPO” LO STILE BELLE EPOQUE. Come una gazza ladra attirata dagli oggetti luccicanti, anch’io sono stata attirata dalla brillante, dorata, ma soprattutto “ben conservata”, Maschera di Agamennone. Tale manufatto fu scoperto dal tedesco Heinrich Schliemann, autodidatta e appassionato cultore di archeologia, che investì il suo patrimonio per rintracciare sul terreno i resti delle città citate dal poeta greco Omero. Tra le varie avventure che intraprese, nel 1874 andò a scavare sul sito dell’antica Micene e nel 1879 trovò una serie di tombe con un grandioso corredo funebre. In particolare vi furono maschere funerarie in oro che ricoprivano dei teschi e tra questi, secondo Schliemann, quella di Agamennone, il mitico re degli Achei protagonista della Guerra di Troia. L’oggetto in questione è composto da una lamina d’oro con rilievi a sbalzo. Esso raffigura un uomo anziano con baffi e barba i cui occhi sono chiusi e le orecchie sono in posizione frontale. La parte superiore del viso termina con il bordo della lamina leggermente curvo che denota un uomo privo di capelli. I dettagli realizzati non sono naturalistici ma creati con gusto decorativo. D’altro canto il filologo classico William M. Calder III, esaminando le descrizioni riportate nei quaderni di Schliemann, aveva trovato molte imprecisioni e notizie false forse per gonfiare l’importanza delle sue scoperte. Ad esempio i reperti come: elmi, gioielli e maschere funerarie, dovrebbero risalire fra il 1550 e il 1500 a.C., ossia secoli prima rispetto a quelli descritti dal poeta Omero. Mentre per quanto riguarda la cosiddetta Maschera di Agamennone si sospetta che sia stata forgiata da qualche orafo e messa da Schliemann all’interno delle tombe reali di Micene. Infatti, la maschera raffigurerebbe lo stesso scopritore da giovane, con i suoi inconfondibili baffetti all’insù che ricordano non tanto le acconciature dei tempi della Grecia micenea, ma quelli in stile Belle Époque. Nonostante le perplessità, ancora oggi non sappiamo se questo reperto sia falso o autentico.
UN MISTERIOSO EVENTO DAL FASCINO APOCALITTICO SI SCAGLIA INESORABILMENTE SUL NOSTRO PIANETA! È L’INSOLITA PIOGGIA DEI PESCI…APPARTENENTI TUTTI ALLA STESSA SPECIE. Si tratta di un fenomeno meteorologico raro, segnalato in tutto il mondo per secoli, ma che nemmeno la comunità scientifica sa esattamente quale sia il meccanismo fisico che lo rende possibile. Tra i casi più famosi possiamo riportare, ad esempio, quello di Yoro, una città di Honduras dove l’insolita pioggia viene anticipata da nubi nere e dense, seguite da tuoni e fulmini. I pesci che cadono dal cielo non provengono dalle acque di questo luogo ma da una zona di acqua dolce. Oppure lo stesso fenomeno è capitato a Lajamanu, una comunità in Australia o a Texarkana, una città del Texas. Ma perché succede questo? Fino ad oggi ci sono due teorie a cui possiamo affidarci: 1. per il meteorologo Phillis Engelbert queste manifestazioni possono accadere a causa delle trombe marine che partono dalla terraferma, si spostano poi sul mare, mantenendo una velocità di rotazione fino a 160 km/h. Un vortice talmente potente che riuscirebbe a risucchiare sia l’acqua sia le creature presenti in essa. In seguito, quando il tornado perde energia, questa quantità di pesci verrebbe rilasciata causando una “pioggia" di animali acquatici; 2. mentre il professor Horsley sostiene che la causa principale sono le correnti ascensionali ossia un movimento d'aria causato da una massa di aria umida ad alta pressione che sale verso un'area più fredda a bassa pressione. Durante le tempeste queste correnti possono raggiungere i 100 km/h circa e quelle di maggiore intensità sarebbero capaci di sollevare animali marini di piccola dimensione. Rispetto alle due teorie però ancora oggi non si spiega il motivo per cui questi pesci, ma anche altri animaletti, che cadono dal cielo siano tutti dello stesso “tipo”! Se una corrente o una tromba d’aria risucchiasse delle creature marine, anche se di piccole dimensioni, queste ultime sarebbero comunque di diversa “specie” e non il contrario! Anche se per questo insolito fenomeno ci sono numerose teorie, ancora oggi non è possibile capire il corretto meccanismo di formazione!
SULL’ISOLA DI NUKU HIVA, IN POLINESIA, TRA LUSSUREGGIANTI MONTAGNE AVVOLTE DALLE CALDE ACQUE OCEANICHE, SI “MOSTRANO” STRANE STATUE CHE SOMIGLIANO AI RETTILIANI. Le misteriose statue si trovano nel sito cerimoniale di Temehea Tohua, sull’isola di Nuku Hiva, nell’arcipelago delle Marchesi, in Polinesia Francese. Gli europei hanno raggiunto questo luogo solo nell’ultimo decennio del XXVI secolo ma, secondo alcuni studi recenti, i primi coloni sono giunti da Samoa circa 2 mila anni fa. Le statue, costruite tra l'XI e il XIV secolo con pietra, legno o ossa umane, raffigurano creature dall’aspetto bizzarro: hanno una sagoma umanoide, una grande testa con occhi enormi, arti corti e un corpo sproporzionato. Per alcuni studiosi questi reperti sono stati realizzati da scultori che hanno provato, a loro modo, a riprodurre antiche divinità. Mentre alcuni sostenitori della Teoria degli antichi astronauti credono che le antiche popolazioni potrebbero essere entrate in contatto con esseri di altri mondi e li abbiano raffigurati attraverso queste insolite statue. Nello specifico si tratterebbe della razza dei Rettiliani, capaci di prendere forma umana allo scopo di controllare la Terra e manipolare la società. A prescindere che si tratti o meno di alieni, è da tener presente che nella mitologia e nel folclore di varie culture, troviamo numerosi esempi di zoomorfismo come nella religione egizia (Anubi), in quella indiana (Ganesha) o in quella greca (Minotauro). Altrettanto numerosi sono anche quei reperti che rappresentano uomini rettile o uomini serpente. Ma perché proprio i rettili? Forse perché hanno da sempre suscitato nell’uomo: fascino, disgusto, paura e potere; dando origine a creature spaventose e dominanti. In definitiva: il fatto che ancora oggi non abbiamo informazioni sufficienti per capire cosa siano le statue di Temehea Tohua, il loro significato e chi le ha costruite, non ci dà il diritto di fornire delle conferme. Purtroppo non c’è un’altra campana che dica la sua… Non c’è quel popolo antico che ci svela il mistero.
BENVENUTI NELLA ZONA DEL SILENZIO (IN MESSICO): LA MISTERIOSA AREA DESERTICA DOVE CELLULARI, RADIO E BUSSOLE SMETTONO DI FUNZIONARE…MA SARA’ VERAMENTE COSI’? A nord del Messico si trova un’area desertica molto singolare, chiamata Zona del Silenzio. Essa è situata tra gli stati di Durango, Coahuila e Chihuahua, nell’attuale "Reserva de la Biosfera de Mapimi”. Tale area, nell’era Cenozoica, era completamente sommersa dal mare di Thetis e questa peculiarità è dimostrata dalle tracce rinvenute di conchiglie e fossili marini. Essa è stata anche testimone dell’impatto sulla Terra di ben tre meteoriti (due perfino nello stesso punto), tra cui “Allende”, caduto nel 1969, considerato uno dei meteoriti più antichi. All’interno di questa “capsula del tempo”, infatti, sono racchiusi alcuni piccoli agglomerati di calcio e alluminio (detti CAI: calcium-aluminium-rich inclusions), che potrebbero risalire alla nascita del nostro Sistema Solare, ossia 4,5 miliardi di anni fa. Ma quello che rende questa zona particolare è ciò che accadde nel luglio del 1970 quando l'US Air Force ha lanciato dal Green River Launch Complex nello Utah, il razzo ATHENA V-123-D che trasportava due piccoli contenitori di cobalto 57, un elemento radioattivo. Esso doveva dirigersi verso il campo missilistico White Sands nel New Mexico, ma andò a schiantarsi proprio nella zona desertica del Mapimí. Diverse settimane dopo un gruppo di locali trovò il relitto che fu portato via assieme ad una piccola quantità di terreno contaminato. A seguito dell'operazione di recupero dell'Aeronautica americana, alcune persone iniziarono ad affermare di aver avuto strane anomalie magnetiche che impediva loro di usare cellulari, radio o bussole. Per questo motivo l’area desertica fu chiamata la Zona del Silenzio poiché pare che, tutt’ora, metta fuori uso il funzionamento di alcuni dispositivi. D’altro canto gli scienziati hanno più volte dimostrato che bussole e apparecchiature di comunicazione funzionano correttamente all'interno della zona. È probabile che la leggenda venga utilizzata per promuovere il turismo nel territorio.
UN MISTERIOSO MINERALE FU SCOPERTO NEL 1990 IN SIERRA LEONE, IN AFRICA: È LA SKYSTONE UNA PIETRA PROVENIENTE DAL CIELO, DI COLORE BLU, MOLTO LEGGERA CHE SEMBRA FATTA DI MATERIALE SINTETICO. Nel 1990 Angelo Pitoni, geologo per la Fao, botanico e agronomo dilettante, scopritore di miniere di smeraldi ed esperto di lapislazzuli, fu in Sierra Leone, nell’Africa occidentale, per valutare la consistenza di alcuni giacimenti di diamanti. In questo luogo lo studioso fece una singolare scoperta: egli trovò una pietra di colore bluastro con sottili linee bianche sulla sua superficie, simili a sottili “nuvole”, leggera per le sue dimensioni. Secondo le leggende locali si narra che una antica civiltà di angeli era talmente corrotta che Allah fece precipitare sulla Terra: questi ultimi, la volta celeste e le stelle, tra cui una pietra azzurro cielo. Il racconto sembrava essere la versione africana del misterioso “Libro di Enoch” che, agli occhi dei nativi, spiega solo il motivo per cui la zona è ricca di minerali e diamanti. Così dopo che il geologo riuscì a prelevare alcuni campioni della pietra, li inviò per farli analizzare dall’università di Ginevra, di Roma, di Utrecht, di Tokyo e di Freiberg. Per Pitoni, dai risultati emersi, la pietra azzurra non dovrebbe esiste in natura. La sua composizione è oltre il 77% di ossigeno mentre la restante percentuale è divisa tra carbonio, silicio, calcio, sodio e fa pensare ad un prodotto sintetico, non ad una pietra. Quanto alla datazione, si ritiene che il composto organico presente nella pietra, sia compreso tra 15.000 e 55.000 anni. L’archeologo dottor Roberto Volterri ha effettuato delle analisi su tale campione mediante il Microscopio Elettronico a Scansione (SEM), collegato all’apparato per Microanalisi a Dispersione di Energia (EDS). I risultati non sono del tutto coincidenti con quelli riportati in rete e rivelano che l’abbondanza di ossigeno (43,35%), è dovuta alla presenza di ossidi vari. Se dunque alcuni ricercatori credono che la pietra blu sia un artefatto proveniente dall’universo, prodotto da una antica civiltà avanzata, allora è possibile proporre anche altre ipotesi; poiché ancora oggi questo minerale rimane un mistero.
TRA LE ARMONIOSE COLLINE DELLA RIVIERA DEL CONERO GIACE CAMERANO: UN ANTICO BORGO CHE NASCONDE UNA “CITTA’ SOTTERRANEA”, DOVE SI SVOLGEVANO RITI PAGANI, TEMPLARI E MASSONICI. In provincia di Ancona, vi è un borgo incastonato tra le colline della Riviera del Conero chiamato Camerano il cui nome significa “camerone, grande camera, grotta”. Infatti sotto di esso si trovano le affascinanti Grotte di Camerano la cui origine si pensa che risalga tra il VII e il IV millennio a.C., forse abitate dagli antichi Piceni. Esse sono formate da una fitta rete di cunicoli, scavati nel sottosuolo per due chilometri, grazie ai numerosi interventi umani avvenuti nei secoli. Per quanto riguarda il suo utilizzo prima furono usate come rifugio per difendersi dai nemici e dalle calamità naturali e in seguito per svolgere messe cattoliche, riti pagani e massonici. Infine furono utilizzate anche dalla popolazione per difendersi dai bombardamenti della II Guerra Mondiale. Ogni grotta ha il suo nome che deriva dai palazzi ubicati in superficie. Citiamone alcune: 1. Grotta Mancinforte, posizionata a circa venti metri di profondità, da un lato presenta una nicchia con due colonne che potrebbero essere i resti di un altare pagano; 2. Grotta Corraducci, chiamata anche Grotta delle Cospirazioni, ospitava un ipotetico tempio massonico; 3. Grotta Trionfi, nota anche come “tempio del sole e della luna”, ha un’acustica incredibile. Infatti, se ci mettessimo a parlare posizionandoci in corrispondenza del sole, noteremo che le onde sonore si amplificherebbero in ogni parte della grotta; 4. Grotta Ricotti ha un aspetto di chiesa sotterranea, confermato sia dalla tradizione orale locale, sia per la sua ubicazione sotto i resti della chiesa di Sant’Apollinare. Proseguendo lungo questa città sotterranea si possono incontrare simboli massonici, croci e anche stelle ad otto punte, simbolo dei Cavalieri di Malta. Ancora oggi le Grotte di Camerano sono avvolte dal mistero, perché hanno voluto lasciare scarse documentazioni e fonti scritte. È probabile che questo “silenzio” sia dovuto alla necessità di tener nascosti i propri riti segreti e le vie di fuga indispensabili per la propria sopravvivenza.
“NOI SIAMO FIGLI DELLE STELLE”: LA POLVERE DI STELLE PROVENIENTE ANCHE DA GALASSIE LONTANE È PRESENTE NEL NOSTRO DNA, NELLE OSSA E NEL SANGUE! TUTTO MERITO DEL VENTO GALATTICO. Nell’antica Grecia l’Orfismo l’aveva già detto anticipatamente: una parte della nostra anima è di provenienza celeste. In particolare credevano che quest’ultima provenisse dall’universo, venisse trasportata dai VENTI per poi entrare attraverso il respiro. Ebbene, a prescindere dalle speculazioni filosofiche sull’anima, da un punto di vista scientifico oggi siamo certi che, in un certo senso, siamo “figli delle stelle”! Lo sostenne anche il famoso astronomo Carl Sagan, nel suo libro “Contatto cosmico”, che gli esseri umani e l’ambiente circostante sono fatti di una materia straordinaria: la polvere di stelle, proveniente da galassie anche molto lontane. Ad esempio: il carbonio e l’azoto sono nel nostro DNA; il calcio e il fosforo nelle OSSA e negli alimenti; il ferro nel nostro SANGUE e nel nucleo della Terra. Inoltre, all’interno del nostro corpo, sono presenti alcuni elementi che risalgono alle prime fasi della storia dell’Universo, come: l’idrogeno, l’elio e il litio; atomi prodotti dalla morte di piccole stelle, simili al nostro Sole, che furono dispersi sotto forma di nubi di gas ossia di nebulose planetarie; infine vi è una piccola parte derivante dall’esplosione di nane bianche. Ma come hanno fatto le stelle ad arrivare sino a noi, considerando che provengono anche fuori dalla nostra galassia? Per rispondere a questa domanda i ricercatori della Northwestern University hanno utilizzato un computer simulando l’ambiente intergalattico. Le simulazioni effettuate hanno mostrato che le esplosioni di SUPERNOVA, all’interno delle galassie, espellono enormi quantità di gas, provocando il trasporto di atomi da una galassia all’altra mediante potenti VENTI GALATTICI. In particolare, grazie a questi ultimi, è possibile diffondere il materiale a migliaia di chilometri al secondo e per miliardi di anni, portando nuovo materiale nelle galassie e favorendo quindi la formazione stellare.
UN LUOGO “INCANTATO” SOGGIACE ALL’ISOLA DI MAIORCA, IN SPAGNA! SONO LE GROTTE DEL DRAGO CHE CUSCODISCONO IL LAGO SOTTERRANEO PIU’ GRANDE DEL MONDO E IL TESORO DEI TEMPLARI. Le Grotte del Drago (Cuevas del Drach) sono un complesso di grotte calcaree situate a mezzo chilometro dal mare, nel villaggio di Porto Cristo, a Maiorca. Esse hanno uno sviluppo orizzontale di quasi 1200 metri e una profondità di circa 25 metri sotto il livello del mare, nate forse durante l'era glaciale, ossia quando il livello del Mar Mediterraneo era più basso rispetto ad oggi. In particolare si sono formate all'interno di alcune rocce carbonatiche fatte di resti di varie scogliere di corallo e conchiglie di organismi marini. Quando i ghiacciai si sciolsero e il livello del mare salì, le acque si infiltrarono nelle grotte plasmando delle “sculture meravigliose” come: stalattiti, stalagmiti, centinaia di colonne e massicci calcarei. I primi reperti trovati vicino alle grotte rivelarono un antico insediamento della civiltà talaiotica, sviluppatasi tra l'età del bronzo e l'età del ferro nelle Isole Maiorca e Minorca. Secondo una leggenda, sempre in questo luogo, i Templari custodivano il loro tesoro anche grazie alla protezione di un presunto drago. Tale notizia risale al 1338 in un messaggio del governatore dell’isola Rover di Rovenach che inviò dei soldati per perquisire le grotte e cercare le loro ricchezze. Ma la storia di questo posto è più che altro legata allo speleologo francese Edouard Alfred Martel che, nel 1896, scoprì parti fondamentali di questo labirinto sotterraneo. In particolare le Grotte del Drago sono formate, a sua volta, da quattro grotte interconnesse: la Grotta Nera, la Grotta Bianca, la Grotta di Luis Salvador, la Grotta dei Francesi; e dal lago Martel. Quest’ultimo prese il nome dall’esploratore citato pocanzi ed è considerato uno dei più grandi laghi sotterranei al mondo con i suoi 170 metri di lunghezza, 30 metri di larghezza e 9 metri di profondità. Attualmente sul lago vengono organizzati dei concerti di musica classica con opere di Chopin, Offenbach e Caballero. Inoltre è possibile terminare la propria visita con un suggestivo giro in barca.
TRA I SACCHEGGI DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE, UNO STRANO OGGETTO RIEMERGE DAL CONFLITTO! È LA COPPA DI LICURGO UN ANTICO REPERTO ROMANO REALIZZATO CON LA NANOTECNOLOGIA. La Coppa di Licurgo si ritiene che sia stata creata tra il 290 e il 325 d.C., ad Alessandria d’Egitto o a Roma e misura 16,5 x 13,2 cm. Questo tipo di calice presenta una coppa interna liscia e una gabbia esterna decorativa, creata intagliando il vetro e levigandolo per risaltarne la struttura in superficie. La storia della Coppa è incerta ma è probabile che fosse stata conservata con cura in una tesoreria della chiesa e poi prelevata dai saccheggi della Rivoluzione Francese. Di sicuro la Coppa divenne di proprietà della famiglia Rothschild che nel 1958 la vendette al British Museum per 20000 sterline. Questo esemplare racconta la leggenda di Licurgo, Re di Tracia, che tentò di uccidere Ambrosia, seguace del Dio Dioniso. La ragazza, trasformata in una liana, si attorcigliò attorno al Re infuriato e lo soffocò fino ad ucciderlo. La Coppa, in apparenza, può sembrare un normale reperto ma in realtà non è così. Essa fu realizzata in vetro dicroico che mostra un colore diverso a seconda della sorgente d’illuminazione. In particolare se viene illuminata davanti diventa verde se, invece, viene illuminata da dietro si presenta di colore rosso. Per ottenere questo effetto è necessario contaminare il vetro con particelle di oro e d’argento, della dimensione di 50 nanometri, ossia meno di un millesimo di un granello di sale, e che si formino dei sub-microcristalli, detti colloidi, responsabili del fenomeno di dispersione della luce. Inoltre è fondamentale controllare la concentrazione dei metalli e la dimensione delle particelle, lo stato di ossidazione di alcuni elementi, il tempo e la temperatura di riscaldamento. Il processo che hanno utilizzato gli artigiani romani per ottenere questo risultato rimane ancora un mistero ma è probabile che, nonostante la loro qualifica, la contaminazione della polvere d’oro e d’argento fosse stata del tutto casuale. I vetrai, quindi, non sapevano che stavano lavorando su scala nanometrica.
“UNA SCOPERTA GALATTICA!” PER PORTARE LA PALLA DI LETAME ALLA LORO TANA, GLI SCARABEI STERCORARI “FOTOGRAFANO” LE STELLE E SEGUONO LA STRADA INDICATA DALLA VIA LATTEA. Gli scarabei stercorari si nutrono dello sterco degli erbivori e lo usano anche come nascondiglio per le proprie uova. Per trasportare il letame fino alla loro tana lo accumulano in pallottole sferiche che trasportano lungo linee rette, senza mai cambiare direzione. Ma come è possibile che riescano a seguire la strada giusta quando davanti o sotto di loro c’è una grande palla di letame? Già in passato i ricercatori della Wits University (Sudafrica) avevano capito che gli stercorari si orientano usando la luce del Sole, della Luna o una fonte di luce polarizzata. Ma l’aspetto più incredibile è che anche nelle notti serene, senza Luna, gli scarabei non perdono la strada. Una peculiarità che ha spinto un gruppo di studiosi svedesi e sudafricani a indagare sul metodo di orientamento dei curiosi insetti. Così grazie ad un “caschetto” fatto indossare agli scarabei per coprire la sorgente luminosa, posta all’interno di un planetario, gli studiosi hanno compreso che: gli insetti non riuscivano a trovare la strada nelle notti in cui le stelle erano coperte ma, si orientavano bene quando erano sotto la volta stellata illuminata, sia che vi fossero gli astri o la scia simulata della Via Lattea. Infatti, quest'ultima sembra essere il principale punto di riferimento degli stercorari, ossia una luce espansa generata dalla Galassia e contrastata dal cielo scuro sullo sfondo. Quello che vedono gli scarabei non sono i corpi celesti ma “aloni” luminosi che consentono loro di muoversi durante la notte. Tra l’altro, prima di intraprendere il loro viaggio, eseguono, sopra la pallina, una specie di “danza” che gli serve per “fotografare” la Via Lattea e capire dove devono andare. Una scoperta sensazionale che fu pubblicata in un articolo della rivista scientifica “Current Biology”. Ma quindi gli antichi Egizi che consideravano lo scarabeo stercorario una divinità collegata al culto del Sole, era perché paragonavano la palla di sterco al disco solare oppure perché avevano capito la capacità di tali insetti di seguire la luce degli astri o della Vita Lattea?
ARRAMPICATA SULLA FACCIATA DI UNA CATTEDRALE DI TRECENTO ANNI FA A SALAMANCA, IN SPAGNA, GIACE UNA STRANA FIGURA CHE RICORDA INCREDIBILMENTE UN ASTRONAUTA DEI GIORNI NOSTRI. A Salamanca, in Spagna, si trovano due meravigliose cattedrali: quella vecchia, conosciuta come la “Catedral Vieja”, costruita circa a metà del dodicesimo secolo e quella nuova, “Catedral Nueva”, iniziata nel 1513 e terminata nel 1733. Nel 1998 iniziarono a circolare curiose fotografie di una misteriosa immagine: si tratta di un rilievo scolpito sulla Porta de Ramos, nella parte nuova dell’edificio, che rappresenta un insolito astronauta dei giorni nostri. Il pilota è seduto e/o arrampicato su uno fusto, vestito con stivali, casco e dotato di un autorespiratore sul petto con tubi collegati a uno zaino sulla parte posteriore della tuta. Con la mano sinistra cerca di raggiungere una foglia vicina come sostegno mentre con la destra cerca di afferrare forse una pianta rampicante che gli funge da imbracatura attorno alla vita. Il suo volto riflette un’espressione alquanto sbalordita. Come era possibile che nel XVIII secolo, o prima, si conoscessero le tute da astronauta, scolpendone anche i dettagli? Alcune persone sostengono che noi discendiamo dagli alieni e le raffigurazioni servono alle future generazioni per non dimenticare le nostre origini; ma ovviamente c’è anche un’altra versione dei fatti. Nel 1992, durante i lavori di restauro, furono scolpite delle nuove figure in sostituzione a quelle perdute nel XVI secolo. Sotto la supervisione del responsabile dei lavori, lo scultore-restauratore Miguel Romero decise di scolpire un astronauta per simboleggiare il ricongiungimento tra Chiesa e Scienza ma anche in occasione della mostra The Ages of Man tenutasi nel 1993. Oltre all’astronauta, la cattedrale ospita, ad esempio, un teschio con in cima una rana risalente al 1529 e decorazioni più recenti come: un drago che tiene con la zampa un cono gelato, una lince, un toro, una cicogna, ecc., con lo scopo di introdurre alcuni ricordi del Novecento, al posto degli antichi ornamenti.
TRA ROCAMBOLESCHI E MIRABOLANTI GIOCHI DI VILLA GROCK, AD IMPERIA, SI NASCONDONO SIMBOLI ESOTERICI E MASSONICI CHE RIVELANO IL LATO OSCURO DI UN UOMO DIVERTENTE. A Imperia nella frazione di Oneglia, lontano dagli occhi indiscreti dei turisti, si nasconde un palazzo dall’architettura bizzarra che richiama un mondo a noi quasi sconosciuto: quello circense, influenzato da uno stile liberty e rococò. Alcuni lo conoscono anche come il “CIRCO DI PIETRA”, un luogo magico e fiabesco ma che custodisce DECORAZIONI assai INSOLITE che sono state “strategicamente” posizionate dal suo proprietario: Charles Adrien Wettach, detto Grock, un clown di fama mondiale. Nato a Reconviller, in Svizzera nel 1880, a soli 6 anni Grock scopre il circo e se ne innamora. Le sue doti artistiche e la sua fama, fecero sì che nel 1919 venne incoronato “Re dei Clown” al teatro Olympia di Parigi, ricevendo un riconoscimento paragonabile ad un Premio Oscar. Egli infatti fu giocoliere, equilibrista, acrobata e musicante, insomma un artista che ammaliò tutto il mondo: da Hitler a Churchill e anche il Re di Spagna. Tra le sue amicizie vantava i nomi di alcune personalità illustri come: Picasso, Stanlio e Ollio e Charlie Chaplin. Tuttavia, si sa poco di Grock o, per meglio dire, di chi si NASCONDE dietro la maschera da clown. La sua vita privata fu piena di ombre, dagli spettacoli per le SS ai compromessi con il nazismo fino ad altri aspetti oscuri come la sua attrazione per la cultura ESOTERICA. Infatti, se adocchiate ad ogni angolo della villa e al suntuoso giardino, ci sono elementi che richiamano l'occultismo, la massoneria, la cabbala e l’alchimia. Ad esempio il tempietto sull’isolotto in mezzo al lago “rimanda alla pratica dell’esoterismo” come una singolare FONTANA piena di emblemi iniziatici. Ma anche le particolari conformazioni geometriche della pavimentazione, i simboli sugli affreschi, la torre, le svariate SCULTURE di cornucopie in giardino e la scritta in latino “Per Aspera Ad Astra” (Attraverso le asperità alle stelle) incisa a lato di una delle fontane. Tra l’altro Grock fu anche un importante MASSONE iscritto alla Grande Loggia svizzera e al Grande Oriente di Parigi.
UN PROFUMO D’ORIENTE PROVIENE DALLA TRANQUILLA CAMPAGNA TOSCANA. È IL CASTELLO DI SAMMEZZANO: UN EDIFICIO IPNOTICO IDEATO DA UN MARCHESE VISIONARIO. Il Castello di Sammezzano si trova a Leccio, una piccola frazione di Reggello, in provincia di Firenze. Pare che le sue origini risalgono all’epoca ROMANA e lo storico Robert Davidsohn, nella sua opera “La storia di Firenze”, afferma che nel 780 CARLO MAGNO vi soggiornò per un breve periodo. Per molti secoli ebbe diversi proprietari dalla famiglia dei Gualtierotti, fino a raggiungere il suo ultimo erede Ferdinando Panciatichi Ximenes. Quest’ultimo, grande appassionato di architettura e di Orientalismo, riprogettò il Castello tra il 1853 e il 1889, creando un vero e proprio capolavoro d’arte. La struttura si sviluppa su tre piani con svariate stanze, ma le sale più rilevanti sono 24, come ad esempio: 1. la sala più nota è quella che si ispira al variopinto piumaggio del PAVONE, uccello nazionale dell’India, e da cui prende il nome la stanza. Le decorazioni “a ventaglio” si aprono dal pavimento riprendendo la forma e la fantasia della coda di questo splendido animale; 2. la Sala dei GIGLI, invece, ci fa approdare nell’antica Cina. Infatti, se alziamo lo sguardo, lo spessore sembra un drappeggio con decorazione a squame di serpente che dal rosa e dal celeste sfuma verso l’argento, quasi fosse un “dragone” cinese; 3. la Sala da BALLO, con la sua forma ottagonale racchiusa da un porticato di 24 colonne con capitelli a Muqarnaṣ, fu realizzata in stile moresco, tipico della cultura architettonica dell’Africa del nord e della Spagna; 4. La Sala del FUMO, in parte coperta d’oro, è adibita ai fumatori, dotata di un complesso sistema di aerazione che permetteva al fumo di uscire senza diffondersi negli altri ambienti. In definitiva il Castello di Sammezzano è un “luogo magico” lontano dall’ambiente culturale di quel tempo; forse il marchese, deluso dalla politica e dall'atteggiamento dei fiorentini, decise di ritirarsi finalmente in questo mondo di sua creazione.
NELLA GRANDE MOSCHEA DELLA CITTA’ DELLA MECCA SI TROVA UNO STRANO EDIFICIO CUBICO NERO! È LA KA ‘BA CHE CUSTODISCE UNA PIETRA DALLE PRESUNTE ORIGINI EXTRATERRESTRI. In Arabia Saudita, presso la Grande Moschea (il Masjid al-Haram) dell’attuale città della Mecca, si trova uno strano edificio cubico chiamato Ka ʿba, che letteralmente significa “cubo”. Si entra dalla PORTA D’ORO e l’unico arredamento interno è fatto di lampade votive e tappeti. Il pavimento è di marmo e di calcare mentre il soffitto viene retto da tre pilastri di legno. L’edificio è stato costruito con la pietra grigio-azzurra estratta dalle montagne vicine alla Mecca, ed appare nero perché coperto da un PREZIOSO tessuto nero (kiswa), decorato con lamine d’oro che propongono scritte coraniche. Gli angoli di cui è formata la Ka ‘ba prendono il nome da paesi o regioni a maggioranza musulmana, in particolare: il nord fa riferimento all’Iraq; l’ovest alla Siria; il sud allo Yemen e infine il quarto angolo contiene la sacra Pietra Nera (Hajar Al Aswad). Si tratta di una roccia scura, di circa 30 cm di diametro e composta da 8 piccole rocce attaccate, racchiusa in una CORNICE D’RGENTO, che le fa assumere le sembianze della pupilla di un occhio. Secondo la tradizione fu il profeta Maometto nel 605 d.C. ad incastonarla nell’angolo est per rappresentare il centro del sito più sacro dell’Islam. Inoltre essa rappresenta il punto da cui inizia e finisce la circumambulazione (tawaf), ovvero il rituale nel quale i pellegrini girano intorno alla Ka ‘ba per 7 volte in senso antiorario. Tutt’ oggi la PIETRA NERA non è stata analizzata per via delle restrizioni culturali e religiose, le quindi le sue origini rimangono ancora un MISTERO. Il geologo Anthony Hampton, e il suo staff della Oxford University, hanno preso in esame la sabbia che si trova nel raggio di due chilometri intorno ad essa, ed hanno rilevato importanti quantità di iridio e molti coni di frantumazione, ossia caratteristiche che sono presenti quando avviene l’impatto di un ASTEROIDE. Altri studiosi invece sostengono che si tratti di un’agata oppure di basalto e che quindi abbia un’origine extraterrestre ma magmatica.
TRA LE PROFONDE ACQUE CRISTALLINE DEL LAGO QIANDAO, IN CINA, SI NASCONDE UN’ANTICA “ATLANTIDE” CHIAMATA LA CITTA’ DEL LEONE, DOTATA DI STRADE, TORRI E PALAZZI. Situato nella Contea di Chun'an, nello Zhejiang, il lago Qiandao è un luogo lussureggiante di acque cristalline, isole esotiche e foreste tropicali. Sotto le sue acque si nasconde un vero gioiello: un sito millenario la cui scomparsa risale a poco più di quarant’anni fa. Ebbene, ad una profondità tra i 26 e i 40 metri si trova un’antica città sommersa: Shi Cheng, la Città del Leone o “l’Atlantide cinese”, fondata nel 621 d.C. durante la dinastia Tang (618-907 d.C.) che divenne un importante centro politico, economico e culturale. L’insediamento urbano prese il nome dalla vicina montagna di Wu Shi, ora conosciuta come Isola di Wu Shi, poiché anch’essa, in parte, è sommersa dalle acque del lago. La città aveva una dimensione pari a circa SESSANTADUE campi da calcio e, secondo un’antica mappa, possedeva ben cinque PORTE d’accesso, invece delle tradizionali quattro. Ciascuna entrata era protetta da una maestosa TORRE alta tra i 7 e gli 8 metri e decorata con figure di leoni, cervi, fenici e chimere. Inoltre era strutturata in sei STRADE principali, abbellite da pietra e ciottoli, che venivano usate per collegare ogni parte della città. Oltre a Shi Cheng, nel 1959 sono state sommerse anche l’antica città He Cheng, risalente al 208 d.C., altre 27 città, 1.377 villaggi e più di 20.000 ettari di terreni agricoli; ancora tutt’oggi questo sito millenario è ben conservato... Ma perché fu sommerso? Ebbene nel settembre del 1959, il governo cinese decise che occorreva una nuova centrale idroelettrica e un bacino per fornire l'energia alla città di Hangzhou: che era in continua crescita. Fu così che la valle VENNE ALLAGATA per creare questo lago artificiale. Per anni le antiche città furono dimenticate fino a quando qualcuno si ricordò che vennero sommerse e così nel 2001, una spedizione di sommozzatori trovarono l'intero nucleo urbano ancora intatto, come se si fosse “FOSSILIZZATO” nel tempo.
TRA LE SABBIE DEL DESERTO DELL’ARABIA SAUDITA APPARE ALULA, UNA VALLE CHE SVELA UNA CITTA’ BIBLICA, ANTICHI ALFABETI E TOMBE SCAVATE IN ROCCE COLOR MIELE. Situata nel nord-ovest dell'Arabia Saudita, AIUla è una vasta area che copre oltre 22.000 metri quadrati, tra oasi lussureggianti, montagne di arenaria e antichi siti che risalgono a migliaia di anni fa. Essa si trovava lungo la Via dell'Incenso, la rete di rotte che facilitava il commercio di spezie, seta e altri articoli di lusso attraverso l'Arabia, l'Egitto e l'India. Un gioiello archeologico di questa valle desertica è il sito di HEGRA, nota anche come Mada’in Saleh, era il principale centro della misteriosa tribù dei Nabatèi, gli stessi che costruirono la città di PETRA in Giordania. Il sito conta un centinaio di tombe datate al I secolo d.C. e molte sono ornate da aquile, figure mitologiche, serpenti e sfingi scolpite nell’arenaria rossa. Tra le cose da vedere ad AlUla, è Dadan, citata nella GENESI della Bibbia, questa era la capitale del Regno di Dadan e poi centro principale del Regno di Lihyan. Qui, troviamo circa 20 tombe scavate nelle rocce del deserto e in particolare le TOMBE DEI LEONI, che ospitavano le spoglie dell’élite della città. A pochi chilometri da Dadan sorge il sito di Jebel Ekma dove, sulle pareti delle montagne, sono state rinvenute oltre 500 ANTICHE ISCRIZIONI pre-arabe scolpite e in rilievo. Datate all’epoca dei regni di Dadan e di Lihyan, le scritte rappresentano una vera e propria biblioteca a cielo aperto che aiutano a comprendere le origini dell’odierna lingua araba. Tra le più straordinarie testimonianze storiche dell’Arabia Saudita vi è anche la CITTA’ VECCHIA di AIUla dove vi risiedevano i pellegrini durante il loro viaggio da Damasco a La Mecca. L’antica città era protetta da una cinta muraria con 14 porte d’ingresso ma oggi possiamo ammirare i resti di oltre 900 abitazioni e 400 botteghe, rimaste disabitate dal XII secolo. Inoltre tra le sabbie del deserto troviamo anche la Maraya Concert Hall un edificio ricoperto completamente di SPECCHI dove, all’interno di essa, si svolgono concerti, mostre ed eventi, che fanno di AIUla il vero centro culturale dell’Arabia Saudita.
INCASTONATA NELLA VALLE ARGENTINA A QUASI 800 METRI DI ALTEZZA, IN LIGURIA, SI TROVA UN PICCOLO BORGO AVVOLTO DAL MISTERO! È TRIORA: “IL PAESE DELLE STREGHE”. Triora è un borgo montano che si trova sul Ponente ligure nell’entroterra di Imperia. Il suo nome deriva dal latino tria ora cioè tre bocche come le fauci di CERBERO, il famigerato guardiano degli Inferi greci, ma conosciuta oggi come il “paese delle streghe”. Ebbene nel 1587, da circa 2 anni, vi erano dei problemi con la raccolta del grano e di conseguenza alle famiglie del paesino mancava il cibo per potersi nutrire. Purtroppo la colpa della carestia ricadde su alcune donne che vivevano nella Cabotina, ossia un antico casolare diroccato, con l’accusa di STREGONERIA. La convinzione si diffuse e il Consiglio degli Anziani decise di improvvisare un processo chiamando due inquisitori, da Genova e Alberga, che subito fecero arrestare venti donne rinchiudendole in alcune abitazioni del borgo trasformate in prigioni. La vicenda durò a lungo e di molte di loro si sono perse le tracce, ma il processo di stregoneria vide coinvolte circa quaranta persone sottoposte a massacranti TORTURE. Finalmente nel 1589 l’Inquisizione pose fine a questo processo anche se secoli dopo, gli storici scoprirono che la carestia che diede inizio alle persecuzioni, fu causata da una MANOVRA speculativa dei latifondisti locali di cui, una parte di loro, erano membri del Consiglio degli Anziani che diede avvio al processo. Ancora oggi si possono vedere gli atti che documentano questo fatto, custoditi del piccolo Museo Etnografico e della Stregoneria, insieme a oggetti di vita contadina e domestica, arnesi di antichi mestieri, oggetti e strumenti di tortura. Inoltre è possibile visitare l’antico castello risalente al XII secolo e la visita alla Cabotina, citata pocanzi. Per quanto riguarda il borgo medievale di Triora è ancora intatto nel suo sistema difensivo di porte, archi scavati nella roccia, volte, vicoli bui, strettoie e case fortezza, che sembra offrire un’atmosfera austera e quasi minacciosa forse per ricordare, in chi la lo visita, il suo PASSATO FEROCE.
VICINO AD UN ARCO NATURALE CHIAMATO PONT’ARC (FRANCIA), SI TROVA LA GROTTA CHAUVET CHE CUSTODISCE DA OLTRE 35000 ANNI TESTIMONIANZE DI RITUALI MAGICI DELL’HOMO SAPIENS. Situata nel comune di Vallon-Pont-d'Arc, vicino al famoso Pont d'Arc che segna l'ingresso naturale alle gole del fiume Ardèche, la grotta Chauvet è un capolavoro di arte parietale preistorica, scoperta nel 1994 dallo speleologo J. M. Chauvet assieme a due amici. La caverna, scavata dal fiume, si estende nella montagna per circa 500 metri al cui interno avevano trovato innumerevoli pitture rupestri databili circa 35.000 ANNI FA, ossia durante il Paleolitico superiore. Queste antichissime opere sono state perfettamente conservate grazie a una frana che ne ha impedito l’accesso. In particolare, vi sono ancora dipinti che riproducono: renne; cavalli; bisonti; rinoceronti; leoni; pantere; ecc., ma anche IMPRONTE DI MANI ottenute soffiando ocra rossa. Altre TECNICHE utilizzate dai Cro-Magnon (Homo sapiens) potevano essere: il “puntinismo” in cui il colore rosso veniva applicato sulla roccia con la punta delle dita; oppure per altre pitture mescolavano il carbone con l’argilla ottenendo diverse tonalità e sfumature; infine, per alcune figure, sfruttavano la morfologia della roccia armonizzando i corpi degli animali con la forma della parete. Nella grotta esiste anche una parte più interna chiamata la SALA DEL FONDO dove, per gli studiosi, compaiono dei triangoli pubici e su un pendente roccioso di forma fallica vi è rappresentata una Venere dal bacino in giù, assimilata nelle figure di un bisonte e di un felino simile a una leonessa. Il fatto che non ci sia sovrapposizione tra le tre figure ma una volontaria fusione tra di esse, ci porta a pensare ad una qualche forma di religiosità. Infatti in un’altra parte della grotta, chiamata “SALA DEL CRANIO”, gli esperti hanno trovato numerose impronte, ossa di animali e un cranio d’orso sopra una roccia. Visto la particolarità di questa caverna è probabile che non fosse abitata dagli uomini ma che essi la usassero per svolgere i loro RITUALI MAGICI.
IN SARDEGNA È POSSIBILE ADDENTRARSI IN UN "PORTALE" A FORMA DI SERRATURA E SCOPRIRE UN “MONDO SOTTOSOPRA”. È IL POZZO SACRO DI SANTA CRISTINA, UN LUOGO DAL FASCINO MISTICO. Sull’altopiano di Abbasanta, nel comune di Paulilatino, in provincia di Oristano, in Sardegna, si trova il Pozzo Sacro di Santa Cristina, racchiuso all’interno del Parco Archeologico Naturalistico di Santa Cristina. Questo gioiello fu costruito intorno al 1000 a.C. dalla civiltà nuragica e quello che lo rende famoso è la sua precisa composizione geometrica, le sue proporzioni equilibrate e il suo ottimo stato di conservazione. In particolare, il pozzo è racchiuso in un recinto sacro di forma ellittica (tèmenos) che ne circonda un altro a forma di SERRATURA. Se ci addentriamo oltre al vestibolo (dromos), vi è una scala trapezoidale di 24 gradini che si restringono a mano a mano che ci avviciniamo verso l’acqua. Da notare che sopra di noi, si trovano degli insoliti architravi che offrono un effetto quasi di scala ROVESCIATA. Arrivati in fondo si giunge vicino alla camera ipogea a tholos o pseudocupola, che contiene il pozzo scavato nella roccia mentre alla sommità ha un piccolo foro (oculus) che porta in superficie. Ancora oggi non sappiamo con certezza la reale funzione di questo sito archeologico ma ci sono diverse ipotesi: forse era legato al culto dell’acqua, oggetto di pratiche religiose e pellegrinaggi che riunivano intere comunità; oppure era un osservatorio astronomico. Infatti, ogni 18 anni e mezzo, quando la LUNA raggiunge la sua massima altezza (lunistizio maggiore), la sua luce entra perpendicolare attraverso il foro, illuminando lo specchio d’acqua. Un altro fenomeno avviene durante gli equinozi: dal 21 al 23 settembre (ore 12.00) e dal 18 al 21 marzo (ore 11.00) quando il SOLE illumina il fondo del pozzo e i suoi raggi oltrepassano la scala fino a riflettersi dentro l’acqua. In questa circostanza, se scendiamo gli ultimi 6 gradini, possiamo vedere due nostre ombre: quella proietta sull’acqua, e quella CAPOVOLTA sulla parete di fronte alla camera a tholos che, assieme alle sovrastanti “scale” rovesciate, secondo me, offre un’esperienza mistica in chi lo visita.