Ammetto che non sapevo della sua esistenza e quando l’ho visto sul web, poco prima di scrivere questo articolo, mi sono detta: “Ma cos’è? Un volano di un macchinario spacciato per un antico manufatto?” Non ci posso credere eppure è un reperto originale esposto al Museo Egizio del Cairo (1)! Come si suol dire: “COSE DELL'ALTRO MONDO!”
Ve lo presento. Esso è conosciuto come disco di Sabu (o il disco di ardesia o scisto) ed è un reperto archeologico dell'antico Egitto risalente alla I dinastia, ossia costruito intorno al 3000 a.C. Esso fu ritrovato nella mastaba (2) S3111 della necropoli settentrionale di SAQQARA e più precisamente all’interno della camera funeraria di Sabu (Sabou o Sébou) (3).
Questa sepoltura fu aperta nel 1936 dall’archeologo britannico Walter B. Emery che, quando giunse sul posto, trovò la tomba già violata e tutti gli oggetti preziosi depredati mentre rimanevano a terra soltanto dei contenitori rotti (4). Tra questi ultimi attirò l'ATTENZIONE un insolito disco che era posizionato proprio accanto allo scheletro di Sabou, un uomo di rango vissuto a quei tempi. L’oggetto in questione era rotto in frammenti ma poi, grazie ad un ottimo lavoro di restauro, ritornò alla sua integrità (5).
Ma entriamo più nel dettaglio….
Il manufatto è stato realizzato in scisto (6) ed ha la forma di una coppa piatta di 61 centimetri di diametro e 10,6 centimetri di altezza. Al centro vi è un foro tondo di circa 8 centimetri il cui spessore è pari alla profondità della ciotola. Sul bordo esterno, leggermente rialzato, ci sono 3 lobi posizionati verso l'interno, rivolti in direzione del foro centrale. Il bordo esterno è delineato da tre archi stretti che conferiscono al reperto la forma di uno “pseudo-volante di un’auto” o “di un’elica”. Un design direi SORPRENDENTE!!
Come fu realizzato il disco?
Innanzitutto il materiale di cui è fatto, lo scisto, è molto delicato poiché tende a sfaldarsi facilmente in lastre sottili e questo sottolinea la difficoltà, ma soprattutto l’abilità, che gli antichi artigiani hanno avuto nel produrre questo insolito reperto.
Ma entriamo nel dettaglio e vediamo intanto come potrebbe essere REALIZZATO questo strano manufatto.
FASE 1. Su un blocco di pietra si disegna, con una vernice, un cerchio usando uno strumento simile a un nostro attuale compasso o una sagoma circolare o simile (vedi figura 5 e la linea rossa).
FASE 2. Si taglia la pietra con una piccola sega lapidaria utilizzando del quarzo abrasivo. Il continuo uso di questo strumento permette di seguire i bordi del cerchio abbozzato in precedenza (vedi figura 6).
FASE 3. Vengono disegnati sulla superficie, ora rotonda, i tagli che saranno effettuati dagli artigiani (vedi figura 7). Una tecnica nota agli antichi Egizi per la produzione di altri vasi, tavolozze e statue di pietra che erano spesso realizzati con questo tipo di roccia. Ciò comporta anche l’utilizzo di strumenti per la molatura, la scriccatura della pietra e scalpelli di rame che lavorano su metasiltite e ardesia come citato nelle mie note di approfondimento.
FASE 4. Il recipiente a questo punto può essere montato in un telaio o in un altro dispositivo simile per proteggere la sua superficie esterna a forma di scodella. L’archeologo Ali el-Khouli (1978) ha osservato i moderni fabbricanti di vasi in pietra a Luxor che applicavano una colla sulle superfici esterne dei vasi “pre-lavorati” e poi li avvolgevano in diversi strati di stoffa. È probabile che sia un modo per rafforzare e proteggere l’oggetto durante il processo di lavorazione.
FASE 5. Il foro centrale potrebbe essere fatto grazie alle tecniche dimostrate da Stocks (1993) ossia con l'uso di trapani lapidari azionati a mano, di vari diametri. Il nucleo interno sarebbe stato completato per primo, tagliando completamente il centro del vaso (vedi figura 8). È probabile che, per proteggere le aree più fragili, il foro centrale possa essere stato riempito momentaneamente con del materiale. Infatti si trovano numerosi esempi di oggetti a forma di tubo che venivano usati come supporti per i vasi.
FASE 6. Successivamente vengono realizzati dei fori nella ciotola la cui profondità dipenderebbe dalla loro posizione e dallo spessore desiderato della forma del vassoio ( vedi figura 9). Dopo questo passaggio la roccia di scarto può essere rimossa mediante cesellatura, molatura e taglio lapidario.
Un esempio di questo metodo è un vaso di porfido parzialmente completato in mostra al museo del Cairo, che dimostra come il trapano di carotaggio fosse utilizzato per rimuovere le rocce di scarto nella produzione di un vaso di pietra. Oppure questo procedimento è stato utilizzato anche nella fabbricazione dei sarcofagi, come quello nella Camera del Re della Grande Piramide, che conserva ancora alcuni dei segni degli strumenti di tale procedura.
FASE 7. Dovrebbero essere praticati anche 3 fori di forma biconvessa sul bordo esterno della ciotola, realizzati in modo simile a come abbiamo visto nella fase 6 per la rimozione della roccia di scarto. In questo modo si creano dei lobi diciamo pre-sbozzati (vedi figura 10).
FASE 8. Poi si rimuove la roccia di scarto in ciascuna parte inferiore dei pre-lobi seguendo le linee tracciate di rosso che mostrano la posizione dei tagli e la profondità del bordo finito (vedi figura 11). Quando la parte inferiore del lobo è completata, verrebbe ridefinita con l'uso di strumenti di molatura e lucidatura (7).
Dopo questa lezione di “TAGLIO E CUCITO” passiamo alla parte più succulenta. A cosa serviva il disco? Vediamo le ipotesi più in voga… Preparatevi: ce n’è per tutti i gusti!
Alcuni ufologi sostengono che possa essere un'elica con nervature idrauliche, una parte di una pompa o di un ventilatore o di un antico velivolo (8). Altri studiosi, invece, hanno ipotizzato che si tratti di uno dei livelli di una possibile torre Zed (9), altri ancora uno strumento rotante per la generazione di elettricità statica, oppure una parte integrante di un sistema di raffreddamento per qualche sorta di meccanismo (10).
In definitiva: un oggetto fuori dal tempo (OOPart) (11) come presunto componente di un macchinario tecnologico (12).
Ma invece, chi è scettico e non crede che ci possa essere lo zampino di un possibile alieno, che dice?
Come sostiene William Kay, un ingegnere inglese, il disco non sarebbe altro che una lampada a olio tri-fiamma rituale: un sistema di stoppino che comprendeva sei fasci di giunchi, legati insieme, tenuti in posizione dalla forma dei lati e così mantenuti immersi nell’olio. Questa visione nasce soprattutto dal ritrovamento di simili strumenti rituali come il palo-lampada a petrolio trovato a Deir el Medina ed esposto al museo del Cairo (13).
Un’ipotesi che per alcune persone può sembrare assurda o impossibile, visto la particolarità del disco, ma a mio parere dobbiamo tener conto anche di altri fattori:
A. di solito quando vediamo qualcosa che ci risulta anomalo la prima reazione che abbiamo è quella di spiegarlo con la cultura con cui siamo cresciuti e non con quella di 5000 anni fa;
B. dobbiamo considerare dove l’hanno trovato. Come ho scritto pocanzi è stato scoperto in una tomba di un personaggio d’élite e quindi è molto probabile che fosse un oggetto di uso rituale;
C. molti altri oggetti usati nei riti erano modellati in scisto e ci sono reperti simili (vedi figura 13), ovvio non con lo stesso design!
D. si trattava di un oggetto costruito intorno al 3000 a.C., ossia in un’epoca in cui si lavorava la pietra dura;
E. il disco di Sabu non è perfetto e dalla figura 14 possiamo notare che di profilo il reperto è asimmetrico o, direi, poco preciso.
A prescindere da tutto quello che si è detto questo oggetto continua ancora a fare scalpore forse proprio per la sua forma che ricorda qualcosa di tecnologico, ovviamente per quei tempi. Un oggetto a mio parere che potrebbe trarre in inganno.
Non è detto che se vediamo un animale che somiglia, ad esempio, ad un lupo, lo sia veramente. Dobbiamo fermarci un attimo e guardare meglio anche al contesto che gli sta attorno.
Alla prossima.
Aria Shu
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Note dell’articolo:
(1) Precisamente stanza 43, con il numero di inventario JE 71295.
(2) La màstaba è un particolare tipo di tomba monumentale utilizzata durante le prime fasi della civiltà egizia.
(6) È una roccia metamorfica simile all’ardesia e il cui termine in passato veniva usato da alcuni egittologi per descrivere questo manufatto ma oggi viene chiamato metasiltite (da non confondere con il metallo) https://www.bibliotecapleyades.net/egipto/esp_egipto_mist_2c.htm
(9) Nella religione degli antichi Egizi, lo Zed (o Djed), tradotto come "stabilità", "presenza", è la rappresentazione della spina dorsale del dio Osiride, re dell'Oltretomba. Il geroglifico che lo rappresenta somiglia a un pilastro e infatti per alcuni studiosi è una torre di granito interrotta da 5 livelli che spesso viene raffigurata in molti dipinti egizi e geroglifici.
(10) https://archeoworld.com/un-disco-dal-design-futuristico-sfida-le-competenze-egizie-di-5000-anni-fa/
(11) Potete sbirciare nel mio sito alla sezione “misteridiaria” e troverete altri oggetti di questo tipo.
Fonti articolo:
-https://archeoworld.com/un-disco-dal-design-futuristico-sfida-le-competenze-egizie-di-5000-anni-fa/
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